Le ho detto, in italiano, posso farti una foto? Vorrei portare a casa con me il tuo sorriso.
Lei ha sgranato gli occhi, esplodendomi in faccia una serie di sorrisi luminosi e intensi, tutti diversi, gioiosi, ammiccanti, qualcosa di buono e unico come la frutta, la frutta tropicale.
Al mattino Belkis è al buffet dei succhi di frutta, no, non dei succhi, dei frullati fatti al momento.
Frulla papaya, mango, ananas, meloni, banane per chi attinge da quelle brocche colorate di sole il primo nutrimento del giorno ma soprattutto attinge da lei la freschissima gioia di stare al mondo.
Poi più tardi, sulla spiaggia, in una barca azzurra traboccante di frutta, Belkis è pronta ad affettare ananas, a donare freschi frutti della passione e papaya e tutti i doni di quella terra rigogliosa e… il suo sorriso.
Mi raccontarono che sotto Natale un gruppone di russi invase il resort portando una ventata brutale di ebbrezza alcolica cupa, un prendere senza chiedere, un razziare senza motivo.
Belkis non sorrideva più, lo sguardo perso, gli angoli della bocca piegati verso il basso.
Difficile spiegare ai barbari il piacere della condivisione, di uno sguardo complice, di una mossa che dice “aspetta, ti cerco le parti migliori, più succose, più mature dei frutti che vuoi perché mi sorridi, mi sei amica, rispetti il mio lavoro”.
Ho portato con me il sorriso di Belkis, uno dei tanti che mi ha regalato, non per mestiere, non per calcolo, soltanto perché, quando incontra un volto amico, non può proprio farne a meno.
è una fetta di pane imburrato questo piccolo racconto di Ortensia, un gustoso ricordo di una settimana serena trascorsa nei Caraibi, dove spesso hai modo di trovare uno sguardo e un sorriso che hanno davvero il colore del mare, la limpidezza della genuinità
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