24 maggio 2011

Ho detto in ufficio che sono incinta e mi hanno licenziata....

Maria Rosaria è un nome inventato. La sua storia no. Ha diciassette anni ed è incinta. Lavorava a nero. In un posto orrendo, sporco ed insicuro che le sue amiche di fatica, chiamano 'a fabbrica. Cuciva pantaloni e giacche.
Per dieci e anche più ore al giorno. Lavorava. Perché è stata cacciata via a pedate dal posto di lavoro. Schiaffeggiata dal padrone: Sergio Nardiello, 55 anni, di Frattamaggiore, iscritto nel registro degli indagati per i reati di lesioni, violenza e minacce.
Innervosito dalla pretesa di questa mamma bambina di avere addirittura due ore di permesso. Perché da giorni non si sentiva un gran che bene.
E voleva andare dal ginecologo con la mamma. Perché lavorare alla macchina per cucire o peggio nella zona della stiratura per otto ore, che diventano undici con lo straordinario (tre ore pagate appena un euro, che fanno trenta centesimi per sessanta minuti), ad una ragazza incinta può anche creare qualche problema di salute. Il padrone o anche «'o masto» - che in italiano sta per maestro - inviperito dalla proteste della ragazza l'ha maltrattata fisicamente. Davanti alla mamma terrorizzata. L'ha mandata a quel paese. «E già! Mo ci mettiamo a chiedere pure i permessi. Tu qui non ti devi fare più vedere», le ha gridato contro il padrone che le ha sbattuto la porta in faccia. 

Lo stesso destino dei lavoratori cinesi nei laboratori.... Leggete qui.
Lavoravano per meno di 2 euro l'ora alcuni operai dei sei laboratori cinesi perquisiti dai carabinieri e dagli ispettori del Dipartimento del lavoro di Treviso. A svelarlo i documenti scoperti all'interno dei capannoni-azienda sparsi nella Marca trevigiana, micro imprese tutte orientali che operavano a ciclo quasi continuo per confezionare abiti, pantaloni, giacche ma anche occhiali griffati.

Non servono commenti ma solo la diffusione di tali notizie. E l'invito a boicottare chi sfrutta i lavoratori e diventa competitivo sulla pelle delle donne e degli uomini pagati con salari di fame.


Ferite dal silenzio - Fine

...continua da qui, qui e qui.

Il giorno della cerimonia è arrivato. Efia e Zakiya camminano in un corridoio di persone festanti che si congratulano con loro. Indossano abiti da sposa e si tengono per mano.
  Sono terrorizzate. I complimenti e gli auguri, urlati sopra le teste della folla, sembrano minacce. Si guardano attorno. Gli abitanti del villaggio adesso fanno paura; fanno paura perché sono tanti e perché urlano. Sono tutti felici che si compia la cerimonia; tutti tranne loro due.
  Arrivano davanti alla tenda di Ige. Efia trema. Zakiya le stringe più forte la mano. Il fatto che la sua amica abbia paura le infonde uno strano coraggio; almeno una delle due deve essere forte ora, per poter sostenere l’altra.
  Ige si affaccia sollevando un lembo della stoffa rossa. Indica Efia; sarà lei la prima. Efia si avvicina alle tende, vi entra e scompare nella penombra all’interno. Zakiya rimane sola fuori della tenda. Alle sue spalle c’è tutto il villaggio.
  Per un po’ dalla tenda non viene nessun rumore. Poi si sente qualcosa. E’ Efia. Un pianto trattenuto, ma sempre più forte, più straziante. All’improvviso un urlo. Un urlo di morte; lungo e animalesco, senza freni. Zakiya non riesce a trattenere le lacrime; sa che Efia ha disonorato la sua famiglia.
  Non resiste; scappa. Sente il villaggio muoversi dietro di lei; corre tra le tende, verso gli alberi. Poi un braccio appare da dietro una capanna e la getta a terra. E’ Kinah.
- Kinah, ti prego lasciami andare!
- Stupida! Non puoi fuggire dalla cerimonia.
  Le dà uno schiaffo in pieno volto e la guarda negli occhi. Poi le tende una mano e la aiuta ad alzarsi. Afferra la stoffa del vestito e la trascina verso la tenda. Mute lacrime scivolano sulle guance di Kinah; sono quelle lacrime a vincere ogni resistenza di Zakiya.
  Quando torna alla tenda non si sente più nessun rumore. Efia è ancora dentro. Per un bel po’ non succede nulla. Zakiya è ferma e aspetta. Poi la stoffa rossa si solleva. Escono Ige ed Efia. La ragazza è pallidissima eppure cammina. Barcolla accanto a Zakiya; sembra non riconoscerla.
Ige è rimasta sulla soglia; guarda Zakiya intensamente, poi rientra.

Anniversario


Oggi Robert Allen Zimmerman compie settant'anni.
Auguri.

Rassegna stampa "licenziata" del 24 maggio. Donne sull'orlo di una crisi di nervi

Ben 800.000 donne, con l'arrivo di un figlio, sono state costrette a lasciare il lavoro, perche' licenziate o messe nelle condizioni di doversi dimettere. Un fenomeno che colpisce piu' le giovani generazioni rispetto alle vecchie e che appare particolarmente critico nel mezzogiorno, dove ''pressoche' la totalita' delle interruzioni puo' ricondursi alle dimissioni forzate''. L'allarme sulla difficile condizione delle donne e il mercato del lavoro e' contenuta nel rapporto annuale dell'Istat 'La situazione del paese nel 2010'.
 Si tratta dell'8,7% delle madri che lavorano o hanno lavorato in passato e che sono state costrette dalle aziende a lasciare il lavoro, magari firmando al momento dell'assunzione delle 'dimissioni in bianco'. A subire più spesso questo trattamento, si legge nel rapporto, non sono le donne delle generazioni più anziane ma le più giovani, 6,8% contro 13,1%, le residenti nel Mezzogiorno (10,5%) e le donne con titoli di studio basso (10,4%). Una volta lascito il lavoro solo il 40,7% ha poi ripreso l'attività, con delle forti differenze nel paese: su 100 donne licenziate o indotte a dimettersi riprendono al lavorare 15 nel Nord e 23 nel Sud.
E come se non bastasse.... L'occupazione femminile rimane stabile nel 2010, ma peggiora la qualita' del lavoro e rimane la disparita' salariale rispetto ai colleghi uomini (-20%). Cresce inoltre i part time involontario e aumentano le donne sovraistriute. L'occupazione qualificata, tecnica e operaia, secondo quanto si legge e' scesa di 170 mila unita', mentre e' aumentata soprattutto quella non qualificata (+108 mila unita'). Si tratta soprattutto di ''italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere''.

Ma chissà perchè ci si ostina a titolare "donne sull'orlo di una crisi di nervi"!!! Però le donne tornano in piazza , con nervi o senza nervi. Leggete qui:  Tutto esaurito per la regista Comencini ieri sera al teatro Stimate dove è stato proiettato «Libere». Dopo il successo del 13 febbraio, il comitato «Se non ora quando?» invia a Napolitano una petizione per proteggere il lavoro femminile. La regista Comencini ha spiegato «Credo che il 13 febbraio sia stato un primo grande risultato, organizzato attraverso la Rete ma soprattutto sentito da tantissime donne come gesto necessario», ha spiegato la regista. «Oggi esistono 100 comitati "Se non ora quando?" in Italia. I temi delle prossime campagne sono due: la grande difficoltà della donna nel mondo del lavoro, e la strozzatura tra impiego e maternità e poi la rappresentazione femminile che oggi viene data e che ci umilia».

Invece a noi sull'orlo di una crisi di nervi sembrano altri. Battibecco in Aula alla Camera tra Giorgio Stracquadanio e la vicepresidente di turno dell'Assemblea di Montecitorio Rosy Bindi nel corso della discussione generale sul testo sull'omofobia. Il deputato del Pdl ha espresso la contrarietà a una legge "ideologica ghettizzante e violenta nei suoi esiti" perché "se facciamo una casistica" delle vittime di discriminazione "discriminiamo a nostra volta. Ciascuno è uguale di fronte alla legge e la libertà di ognuno va difesa".
Secondo Stracquadanio, infatti, le aggressioni ai gay sono sullo stesso piano di quelle subite "in questi giorni di campagna elettorale dalle nostre donne che vengono additate come 'puttane' e che sono state additate come 'puttane' da manifestazioni intere". Il riferimento del deputato è al movimento 'Se non ora quando' e la parola 'puttane' viene ripetuta più volte in Aula tanto che Bindi lo riprende: "Siccome la parola l'abbiamo capita può usarla una volta in meno...". Pronta la replica di Stracquadanio: "La realtà brucia...". E Bindi di nuovo, togliendo la parola al deputato: "Non glielo consento. Il suo tempo è terminato, avrebbe potuto risparmiarlo anziché fare commenti impropri sulla Presidenza...".
Della serie : sono più bella che intelligente. Firmato Marela.