Trascorrere un periodo di riposo in un piccolo centro dell'Appennino lucano ha parecchi lati positivi: aria fresca, rustiche prelibatezze facilmente ottenibili e l'ampia cucina di una casa di due secoli fa per prepararle.
Messe le mani sulle interiore di un pollo ruspante, quindi, mi è venuta l'idea di provare la finanziera.
In un tempo ormai molto lontano, mangiai la finanziera in Piemonte: no, non nel famoso ristorante torinese di cui era cliente anche il conte di Cavour, ma nella Provincia Granda, e si trattò di un'esperienza veramente particolare.
Lungi da me anche soltanto pensare di essere in grado di misurarmi con i professionisti, ma insomma, fatti non fummo a viver come bruti: ci ho provato, in una versione semplificata.
Servono per quattro persone le interiora di almeno due bei pollastri e mi raccomando, fatevi fare a pezzetti il ventriglio, che è durissimo, dal macellaio, nonchè collo, teste e zampe.
Fate fondere in una casseruola una buona noce di burro e tagliate a fettine una cipolla da mettere ad appassire.
Infarinate la carne e fatela soffriggere. Poi alzate la fiamma e bagnate con un bicchiere di vino bianco, riabbassatela e, quando il vino sarà evaporato, aggiungete una tazzina da caffè di aceto.
Bene, a questo punto è soltanto questione di pazienza: ci vorrà un'oretta, ed è lecito aggiungere un po' d'acqua ogni tanto, se vedete che l'intingolo si asciuga troppo.
Io l' ho mangiata così, senza fronzoli - un classico sarebbe il risotto - accompagnata con un buon Dolcetto di Dogliani.
Cerea.
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