(Altra settimana senza film da femminucce. Nuovo giro nell'archivio.)
Venite a me, o 12 lettori di questa rubrica, e parlate con la vecchia zia SaraS, apritele il vostro cuore e confidatele ciò che non avreste mai il coraggio di dire al mondo reale. Su, nel blog nessuno può sentirvi urlare né confessare quanto vi siete divertiti con Mamma Mia!
Dai, comincio io: sono andata in giro canticchiando, saltellando, balzellando e ridacchiando per tre giorni, come testimonia anche il mio profilo FB.
E sono pure andata a vederlo a teatro a Londra, circondata da attempate signorine inglesi che sembravano più cretine di me.
Chiaro che è un guilty pleasure da farti andare al cinema con il nasone e i baffoni finti, ma è un guilty pleasure fottutamente riuscito.
A livello cinematografico, funziona perché è uno di quegli imprevedibili casi della pellicola in cui il cast - che a leggerlo sulla carta sembra meno azzeccato e miscelabile di una coalizione elettorale di centro-sinistra - sembra conoscersi da sempre e avere nella realtà i rapporti che deve mettere in scena.
E perché per i personaggi si applica, di nuovo, quell'abusatissima rilettura di Eco con cui Mereghetti parlò di Casablanca: quando si incontrano mille stereotipi, allora diventano archetipi.
A livello di impatto sul pubblico, invece, funziona perché l'aria e il sapore della storia (nonché delle musiche) riecheggiano perfettamente quella sensazione di immotivata allegria che tutti abbiamo provato almeno una volta. Tutto quel sole, quelle luci, quei sorrisoni da cartone animato giapponese, i saltelli: è esattamente come in quei momenti in cui ci rincretiamo, ridiamo da soli, facciamo a cuscinate con i nostri partner o i nostri figli.
Banalmente, mette allegria (qualche volta anche orrore, specie durante i titoli di coda, quando escono tutti infilati dentro lo spontex fluorescente).
Vi ricordate quando, qualche settimana fa, parlavamo di presunte risposte al femminile al cinema cretino maschile? (No, che non ve lo ricordate, perché dovreste? Ve lo linko).
Io penso che Mamma Mia! rientri a tutti gli effetti nella categoria. Ha esattamente il sapore di una serata fra donne, e le donne, quando escono fra di loro, non fanno la gara di rutti, ma magari si sbronzano e ridono come cretine parlando di uomini e di sesso. Nella realtà, il più delle volte va così.
Per questo forse in media piace più alle donne che agli uomini. Anche se, paradossalmente, la recensione migliore e più indovinata che ho letto è opera di un uomo, nella fattispecie Gad Lerner.
Secondo l'Eva che scrive, ci ha preso in pieno, e magari ci è riuscito proprio perché ha potuto sfruttare un occhio esterno. In particolare, l'Eva che scrive condivide con Lerner questa affermazione:
E' stragiusto che sia Donna la madre, a accompagnare Sophie la figlia all’altare. Dovrebbe succedere così in ogni chiesa.
Io confesso di averci pensato solo quando ho visto il film, ma me l'immagino, se da domani ci facessimo accompagnare tutte dalle nostre mamme. I nostri papà in quei momenti diventano dei cucciolotti di peluche, si emozionano tutti, e poi la tradizione di andare con loro deriva da epoche buie in cui eravamo poco più che una proprietà che cambiava padrone.
Le nostri madri invece approfitterebbero dell'ennesima occasione per sibilarci all'orecchio "Cammina dritta con la schiena", o per sistemarci il vestito/i capelli/il bouquet/il tavolino avandivano incapaci di rassegnarsi alla nostra goffaggine ontologica.
Ma sarebbe bellissimo, percorrere quei pochi metri al braccio di una mamma, passare dalle mani di chi ti ha dato la vita a quelle della persona con cui hai scelto di condividerne un pezzo si spera il più lungo possibile sarebbe completamente naturale, l'eco di un ricordo ancestrale.
Non so, a me pare che funzionerebbe proprio bene.
Voto Finale: tenerne sempre una copia a portata di mano e rivederlo con cadenza periodica almeno mensile.
Voto Finale: tenerne sempre una copia a portata di mano e rivederlo con cadenza periodica almeno mensile.
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