2 maggio 2012

La leggenda del rimborso sull'oceano

Ricevo e volentieri pubblico ( qui e qui le precedenti puntate di questo appassionante feuilleton)


Bene, decorso il termine di ammortamento del vaglia cambiario, oggi non si tratta più di prendersela con i meccanismi dell'IRPEF che nei confronti dei pensionati generano più facilmente un credito che un debito, e neanche con l'Agenzia delle Entrate e la sua presunta impossibilità di prendere atto di un decesso e di cambiare un indirizzo sulla busta; oggi siamo tu ed io, cara Banca d'Italia, vediamo se riesco a farti tirar fuori questi quattro soldi che mi devi. 

Mi presento puntualissimo: la Filiale di Roma apre alle otto e un quarto, e sono puntualissimi anche loro.
Il primo ostacolo è l'Ufficio Informazioni.  L'impiegato disdegna il computer e sta diligentemente ricopiando a mano dei numeri da un registro ad un altro, non alza la testa per non sbagliare.  Io rispetto troppo i lavoratori e attendo che concluda, ma le cose vanno per le lunghe: accanto a me il maresciallo dei Carabinieri di servizio attira la sua attenzione, ma quando finalmente gli dico che devo andare all'Ufficio Segreteria mi squadra con sorpresa e mi chiede: "Lei è un pensionato?"
 La domanda mi mette subito in condizioni di inferiorità; non sono più un ragazzino, ma neanche così anziano, e spiego con una certa umiltà perché sono lì. Sono immediatamente ammesso all'ingresso previa delibazione di un documento di identità, complice forse il giorno di ponte e l'ora accuratamente scelta.  
Un piano di scale che poi sono due (il palazzo è piacentiniano ante litteram o forse proprio del Piacentini, ed utilizza la doppia altezza del rialzato) e arrivo al sospirato sportello.  L'impiegato è lo stesso che il mese scorso mi ha fornito le necessarie indicazioni per avviare l'operazione e guarda con disgusto i moduli che ho compilato, invitandomi a completarli.  In effetti, sullo stesso documento devo ripetere due volte le generalità  complete dei beneficiari del pagamento, e io le avevo scritte una volta sola, distrattone e pressapochista come sono.  L'ultimo documento deve essere datato sottoscritto all'atto del pagamento: mi riservo quindi di farlo davanti al cassiere, ma vengo ripreso e richiesto di firmare subito.  Evidentemente il movimento di vile denaro è mera questione eventuale.  Ora è il momento di stampare il nulla osta al pagamento. Piccolo intoppo: nell'ufficio semideserto ci sono due stampanti e sono entrambe impegnate dall'altro impiegato che ha lanciato due stampe di massa.  C'è da attendere, ma si mette il tempo a profitto fotocopiando i documenti degli eredi, il mio e quello dell'altra persona che mi ha delegato all'operazione.  Sono invitato quindi a ritornare al pian terreno e ad attendere nel salone, occorre la firma del direttore e ci vorrà un po' di tempo, visto che oggi c'è poca gente.
Scendere le scale è meno faticoso che salirle, ma lo faccio con più attenzione, tra poco mi balleranno in tasca i tanto attesi soldi: ricordate? E' un rimborso dell'IRPEF pagata in eccesso da mio padre, causa trattenuta alla fonte, nell'anno di imposta 2005, e ci sono anche gli interessi.
Il salone è semivuoto, pochi sportelli aperti ed ancor meno clienti. Comunque gli astanti, per quanto pochi siano, mi guardano perplessi, visto che non sembro aver intenzione di avvicinarmi ad uno sportello.
Finalmente ricompare il mio Virgilio, con un sottile fascio di fogli in mano: o dovrei dire la mia Beatrice, visto che sono ormai ad un passo dal Paradiso?
Siamo all'ultimo ostacolo, il cassiere che mi chiede i documenti e l'assegno.  Il problema è che, ovviamente, l'assegno non c'è, altrimenti non avrei mai osato disturbare l'ex Istituto di Emissione.  Gli presento quindi l'ultimo documento che ho ancora in mano, ovvero l'ammortamento del titolo di credito.
Panico è un'espressione forse eccessiva, ma non di molto.  Il cassiere, che non è un ragazzino, chiama a sé un collega che lo rassicura e gli dice (non sento ma intuisco) di stare tranquillo, si può proprio fare; altra fotocopia del documento di identità, altra stampa dal computer di un foglio di carta che ad un certo punto si rifiuta di uscire dalla stampante ma poi si convince, altra firma di quietanza.
Mi detergo metaforicamente il sudore dalla fronte, prima di allungare le mani sui fruscianti biglietti nuovi di zecca: ci sono riuscito, sommando l'oretta consumata oggi al tempo impiegato l'altra volta per dare il via alla pratica nonché quello passato al telefono con l'Agenzia delle Entrate e la stessa Banca d'Italia, direi che ci è voluta una buona mezza giornata.
E adesso non mi resta che attendere il rimborso per l'anno di imposta successivo.


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