Non era una ragazza come le altre. Anche in quel tempo e in quel luogo: gli anni ’60 e la Factory di Andy Warhol, in cui non essere come gli altri era il requisito minimo per entrare.
Di origine tedesca, nata nella Germania occupata dai nazisti (il padre morì in un campo di concentramento), il suo vero nome era Christa Päffgen.
Il nome Nico le fu dato dal fotografo Herbert Tobias come tributo a un suo ex-amante, il regista Nico Patapakis.
Prima cosa era bella, diafana, di una solarità oscura, Joan Baez cantata da Tom Waits.
A dare un riflesso cupo alla sua bellezza era sia la voce, roca e sensuale, di un inglese con accento europeo, sia il fatto che era la cantante dei Velvet Underground.
In un famosissimo esperimento di montaggio cinematografico si accostava il primo piano di una persona a due immagini differenti: la culla di un bambino e una donna discinta; pur avendo la persona sempre la stessa espressione, nel primo caso appariva dolce, nel secondo bramosa e lasciva.
Ecco, provate a fare lo stesso gioco accostando una cantante prima ai Velvet e poi ai Dik Dik, vedete se qualcosa cambia nella percezione che ne avete.
E così fu per Nico.
Arrivò al rock passando per Bob Dylan, che pare le dedicò Visions of Johanna, e la mise in contatto con Andy Warhol e la Factory.
Oltre che la voce dei Velvet, compare anche nel film Chelsea Girl.
Parentesi: il Chelsea Hotel, al pari del CBGB’s Club o del Cavern, è uno dei luoghi mitici del rock. Ma questa è un’altra storia…
Tornando a Nico, oltre ad essere la cantante, anzi chanteuse come la si definiva, fu anche, nel parere di chi scrive, la responsabile della bellezza del primo album dei Velvet; quei testi con quella voce furono un’esplosione.
Ma di questo abbiamo già parlato.
Ovviamente, troppe primedonne non riescono mai a convivere, per cui nel secondo album dei Velvet White Light/White Heat Nico era già sparita.
E, come sempre accade, la vita scorre per le sue traiettorie.
Nico realizza cose che, sebbene la storia della musica non gliene renda pienamente merito, sono tutt’altro che trascurabili; tra le altre:
- appare nella Dolce Vita di Fellini;
- incide Desertshore, album capolavoro;
- nel 1973, al festival del Bataclan, dove si trovava con John Cale e Lou Reed, incrocia un giovanissimo (e immaginiamo un po’ sperduto) Franco Battiato;
- nel 1974 pubblica The end, album in cui esegue una interpretazione memorabile dell’omonimo pezzo dei Doors.
Fino all’epilogo.
Una morta assurda.
Nel 1988, a Ibiza, Nico muore per le conseguenze di una caduta dalla bicicletta. La diagnosi è emorragia celebrale e, purtroppo, le conseguenze saranno fatali.
Una caduta dalla bicicletta.
A Ibiza.
Come se per un assurdo incrocio di luoghi simbolici la vita di Nico fosse terminata nel luogo emblema della superficialità dopo essere iniziata in quello dell’orrore e transitato in quello dell’arte.
Così terminano, a volte, le vite degli artisti.
Per progressivi passaggi di senso.
La protagonista della prossima storia è una canzone, a cui abbiamo accennato nel corso di questa, The End, dei Doors.
Stay tuned…
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