L'estate scorsa avevamo parlato velocemente della prima stagione di questa serie inglese, che ci era piaciuta molto, era andata in onda un anno prima e non si sapeva quando sarebbe uscita la seconda.
Poi, finalmente, il 1 gennaio 2012 abbiamo potuto guardare il primo dei tre nuovi episodi: A Scandal in Belgravia. Ovvero, la cosa più sexy, intelligente, brillante e perfetta andata in onda in tv dopo pochi-altri-momenti-epocali-di-questo-tipo-forse-la-prima-puntata-di-Lost?
Va bene, è un giudizio un po' di parte, da fan accanitissima, ma davvero un lavoro di questo tipo non può che entusiasmare.
I criteri della prima stagione sono rimasti invariati: ambientazione contemporanea, carattere di Sherlock persino peggiore rispetto a quello dell'originale letterario, citazioni del Canone a getto continuo ma senza mai essere smaccate, ottimi interpreti di contorno (si sospetta che gli attori vengano scelti in base alla voce, non è spiegabile altrimenti la quantità di timbri caldissimi, profondi e di cui non si accusa minimamente l'impostazione recitativa), regia instancabile e bellissima fotografia.
A differenza della prima, tutti e tre gli episodi della seconda stagione si ispirano esplicitamente a tre episodi fondamentali del Canone: lo scandalo in Bohemia, in cui compare La donna, ovvero Irene Adler; il mastino dei Baskerville e ovviamente Il problema finale, ovvero lo scontro decisivo alla cascate Reichenbach con Moriarty, che gli spettatori hanno avuto modo di conoscere alla fine della prima serie.
Ovviamente le storie sono manipolate e adattate a un contesto attuale (Irene Adler, che nel racconto è molto emancipata e un po' spregiudicata, qui di mestiere fa la Mistress), ma non tradiscono mai lo spirito dei racconti originari (la reintepretazione di Irene è stata lungamente discussa fra gli adepti sherlockiani, giungendo alla conclusione che, per quanto azzardata, è leale).
Intelligente da parte della produzione portare nella realtà i riferimenti sparsi negli episodi, creando il blog del dottor Watson (aggiornanto man mano, anche con i casi non raccontati nella serie) e quello di Sherlock Holmes; e stuzzicando gli spettatori con indizi e riferimenti lanciati sui social network.
L'impatto sugli spettatori è stato tale da creare, dopo Reichenbach, movimenti di persone che vanno in giro per varie città a volantinare la loro presa di posizione; gruppi di discussione che stanno vivisezionando ogni millimetro d'inquadratura; thread infiniti si sono aperti su Facebook, forum, siti, ovunque. Roba che si sarebbe vista ai tempi di Twin Peaks, se ci fosse stato Internet.
Martin Freeman e Benedict Cumberbatch creano un nuovo parametro di rapporto Watson-Holmes, dopo quello storico Brett-Burke: riesce bene in particolare la crescita della loro amicizia, cui gli attori danno sfumature realistiche e plausibili nel corso dei vari episodi, per giungere all'apoteosi interpretativa di entrambi nel finale e prefinale di Reichenbach.
Qualche perplessità è stata sollevata dal carattere del nuovo Holmes, aspro e Asperger, vagamente amorale, sicuramente più spigoloso del Segugio originale. Tuttavia, a ben guardare, lo Sherlock di Cumberbatch mostra tracce di umanità, sempre più intense e frequenti man mano che gli episodi procedono, in maniera quindi non troppo diversa da quanto accade nel Canone, che nella sua seconda metà offre un Holmes molto più ammorbidito rispetto al pre-Reichenbach.
Necessaria la menzione d'onore per Andrew Scott, che offre un Moriarty assolutamente inatteso e anche destabilizzante al primo impatto, uno psicopatico vero e proprio quale non ci si sarebbe mai immaginati il professore raccontato da Doyle. Ma in effetti, a ben pensarci...
In sintesi, un'esperienza televisiva che va fatta, anche per avere una volta di più misura della distanza abissale che intercorre fra le nostre produzioni e quelle d'Oltremanica, capaci di stare al passo e a volte superare sotto ogni parametro quelle americane.
La terza stagione è stata annunciata per il 2013. Noi fan orfani l'attendiamo e temiamo con la stessa intensità. E nel frattempo
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