25 luglio 2011

Della morte e della rabbia

Quando avevo sedici anni amavo follemente Jim Morrison. Amavo tutti coloro che avevano - a quei tempi mi sembrava così - immolato la propria vita in nome dell'arte.

Poi arrivarono i Nirvana nella mia città, e qualcuno si offrì di accompagnarmi al concerto: io ero triste per una delusione amorosa, e risposi che non avevo voglia, aggiungendo "Tanto i Nirvana sono appena esplosi, ci sarà tempo per vedere un loro concerto".
Quella stessa notte Kurt Cobain tentò il suicidio con un cocktail di farmaci sciolto nello champagne. E qualche mese dopo si sparò in bocca. Me lo disse mia madre, mentre io stavo "decorando" il diario di scuola, e rimasi a lungo impietrita. Ma ancora mi sembrava qualcosa di ovvio, di naturale, di prevedibile da parte di chi non trovava in questo mondo lo spazio sufficiente per dare sfogo a tutto se stesso.
Anni dopo, stavo truccandomi per andare al lavoro quando il mio compagno bussò alla porta del bagno e mi disse che era morto Heath Ledger. Non era uno dei miei attori, avevo sempre preferito Jake Gyllenhaal, ma mi sentii come se avessi preso un pugno in piena faccia. Era bellissimo, era bravissimo, era artisticamente coraggioso, perché aveva sprecato tante possibilità, perché ci aveva privati di future emozioni?
Poi sabato leggevo dell'attentato a Oslo, dell'orrore vissuto da quei ragazzini inseguiti, colpiti, uccisi da uno psicopatico cui ogni etichetta rischierebbe quasi di dare una motivazione giustificativa, e fra le ultim'ora è comparso lo strillo "Amy Winehouse è morta nella sua casa di Londra".
La conoscevo pochissimo, quasi per niente, ma ancora non riesco a smettere di pensarci.
A 34 anni improvvisamente le morti rock non hanno più fascino, non sono più future leggende cui pensare mentre si ascoltano quelle note perfette; no, a 34 anni le morti rock sono semplicemente stupide, e ti viene voglia di ragionare in maniera ingiusta, facendo paragoni fra le morti, lei se l'è andata a cercare, i ragazzi dell'isola di Utoya no. Ed è vero. In qualche modo forse è vero.
Ma io provo dolore per tutte queste morti, in modo diverso ma pur sempre dolore.
Penso a lei, penso a cosa avrà mai pensato quando non riusciva nemmeno più a cantare su un palco, mi chiedo se si sia resa conto di quello che stava facendo; e allo stesso tempo penso a quei ragazzi norvegesi, nascosti ovunque come fecero i loro coetanei di Columbine, penso al terrore che deve averli invasi, loro che erano pieni di progetti e speranze, politicamente impegnati, assolutamente innocenti.
E penso che morire giovani dovrebbe essere proibito.

Amy

Non sono un esperto di musica. Però mi piace ascoltare ed ho generi ed autori preferiti. Amy Winehouse era fra questi, se passava una sua canzone alla radio alzavo  il volume ed ascoltavo anche se  la stessa canzone l'avevo già sentita molte volte. Perchè era capace comunque di trasmettermi delle emozioni, ogni volta. Come capita con Keith Jarrett, con  Miles Davis, con il Guccini d'annata, con altri. Sono un ascoltatore emotivo, del valore musicale capisco poco e a dirla tutta non m'interessa granchè.
Penso anche, sono convinto, che ognuno sia e debba essere padrone della propria esistenza, che sia la vita del nerd che arriva a fondare facebook, che sia la vita di una ragazza dannata come Amy. Che abbia scelto di suicidarsi con un ultimo sballo oppure che abbia scelto di non scegliere un'altra vita, distruggendosi un poco per volta. E' il lato oscuro dell'essere padroni della propria vita.
Ogni volta che l'ascoltavo assieme alle altre emozioni che mi dava la sua musica c'era anche  una sorta di rabbia per quello che faceva, per il suo buttarsi via in quel modo. Era ogni volta il modo di esprimere la paura di trovarmi nella sua situazione. Anche in questo era capace di trasmettermi emozioni.
Non so se qualcuno avrebbe potuto aiutarla, ho la sensazione che fosse lei stessa a non volere aiuto, per quello che può valere la sensazione che gli articoli di giornale possono trasmettere. Ogni volta che pensavo a lei pensavo che stesse sprecando la sua vita. Poi, ed è un discorso diverso, che stesse sprecando anche il dono che lei aveva, anche se forse ha contribuito a portarla alla sua fine.
Ma la ricordo  come una ragazza capace di dare emozioni, in questo era e continuerà ad essere grande.