17 maggio 2011

Ferite dal silenzio - Parte Terza

Continua da qui e  qui


Zakiya siede all’aperto, nella polvere. Nella luce ambigua del crepuscolo i piccoli coni delle capanne sembrano tanti formicai. Questa notte ci sarà la luna piena. La vecchia Ige è già arrivata.
Manca poco alla cerimonia. Poche albe; poche notti. Potrà giocare ancora con Efia dopo? No, sarà una donna. Dovrà comportarsi come ci si aspetta da un’adulta.
Mene è nella capanna, le sta preparando il vestito per la cerimonia, un vestito da sposa. Dopo la cerimonia non sarà più la stessa, le hanno detto. I doni che le faranno saranno il suo patrimonio e lei se ne dovrà occupare.
Cosa starà facendo Efia? Forse dorme già. Anche lei dovrà indossare un vestito da sposa. Sfileranno tra le capanne e tutti le guarderanno. Per questo le loro madri ci tengono a cucire un bel vestito.
Sarà vero che Ige parla con gli spiriti? Questa sera la hanno aiutata a costruire la capanna che si è portata. Una capanna tutta di stoffa rossa. Tenda, ha detto che si chiama. Sarà lì che si terrà la cerimonia; quindi deve essere una capanna speciale.
Zakiya ha sempre timore della cerimonia. Non riesce a togliersi dalla mente quello che le ha detto sua sorella Kinah. Ma ha imparato a convivere con la paura, è diventata parte delle sue giornate. La cerimonia non si può evitare, l’ha dovuta accettare per forza.
Una lucertola le si avvicina; le passa tra le gambe. Zakiya la vede, potrebbe catturarla. Ma la lascia andare, e la lucertola si allontana nella polvere, sotto lo sguardo inerte di Zakiya.
Sono i suoi ultimi momenti da bambina, ma lei ancora non lo sa.

In un ristorantino in Rue des Pyrènèes c’è una donna che piange davanti a un piatto di lapin à la moutarde. Non è sola. Racconta qualcosa all’amica che è con lei, qualcosa che, dai tavoli vicini, tutti tentano di origliare.
- L’ha ucciso! E’ pazzo, è pazzo!
- Ma come fai a sapere che è stato lui?
- E chi altro, Odette? Come ho fatto a essere così stupida! Dovevo cambiare la serratura il giorno stesso in cui mi ha bucato le gomme. Invece no. L’ho cambiata oggi, dopo due settimane. Doveva succedere questo! Che stupida, lo sapevo che lui aveva le chiavi. E’ colpa mia se Théo non c’è più.
- Assolutamente no. Questo non lo devi pensare, Anne-Sophie. E’ lui che è malato, deve andare da uno psichiatra. Anzi bisogna rinchiuderlo, è pericoloso.
- Sì, hai ragione. Bisogna rinchiuderlo. Non ci posso pensare, continuo a rivederlo lì il mio povero Théo. Sembrava che dormisse...
- Aspetta, vediamo se ho capito. Quando sei uscita era tutto normale no? E nemmeno a lavoro è successo nulla di strano?
- Ma sì, ma sì! Théo era anche venuto a svegliarmi. Stava bene.
- Quando sei tornata stava sul divano. E vicino c’era quella lettera.
- Era tutto bagnato. L’ha affogato quel mostro! Mon petit; era ancora un cucciolo.
- E che diceva la lettera? Te lo ricordi?
- Sì, diceva...qualcosa come: “Ora sai cosa si prova ad avere bisogno di qualcuno”
- Mon Dieu... Devi fare qualcosa, farti aiutare.
- Lo so. Andrò a stare dai miei per un po’, a Champeaux. La campagna mi farà bene.
- Sì penso anch’io.

Laleh è distesa sul letto. Feroz si sta rivestendo in fretta. E’ quasi buio, Amir sta per tornare dal lavoro. Rischiano tanto, troppo. Feroz se ne deve andare subito.
Scende dal letto per salutarlo. Si avvicinano per l’ultimo abbraccio di quella sera. Un rumore li blocca. E’ il motore di una macchina. Si avvicina, cresce di intensità e poi si ferma. La macchina si è fermata lì davanti. E’ Amir!
Non c’è tempo di parlare. Feroz esce dalla stanza e corre giù per le scale. Esce dalla porta di servizio, ma Amir ormai è fuori della macchina. Lo vede.
- Hei tu, fermati! Chi sei?
- ...
Feroz corre via nella penombra. Laleh, pietrificata, guarda tutto dalla finestra. Amir alza lo sguardo e i loro occhi si incontrano. Inizia a vestirsi. In fretta! Sente i passi del marito nell’ingresso, li sente per le scale. Non farà in tempo, è vestita a metà. Amir apre la porta della camera da letto.
- Chi era quello in casa nostra? E che ci fai così svestita?
  Laleh non sa che dire, non esistono scuse. Rimane a bocca aperta, gli occhi spalancati. Scoperta.
- Laleh, pazza! Cosa hai fatto?
- Io... Io..
- Chi era quello? Dimmelo! La deve pagare!
- Lui... lui non c’entra! Sono io.
- Eccome se c’entra. E tu, troia, ci hai disonorati!
 Amir le dà uno schiaffo. Laleh piange. Un altro, un altro ancora. Anche Amir piange. Di rabbia forse, di dolore? Prende un bastone. Laleh urla. Ha paura. La colpisce col bastone, più volte. Lei cade a terra. Ha del sangue tra i capelli. Ancora un colpo; poi sviene.


...continua



La rassegna stampa di Eva del 17 maggio

La nostra rassegna stampa sarà oscurata dai risultati elettorali, perchè tante situazioni sono in evoluzione. Qualcosa è cambiato nel paese, lo sentiamo. Avremo tempo e modo di commentare la spinta forte di cambiamento che, per noi ha un punto fermo nella manifestazione di "Se non ora quando". Crediamo che la forza gentile degli uomini e delle donne, la determinazione, la costanza, l'entusiasmo siano alla base di questo mutamento.

Ma, rimbocchiamoci le maniche e diamo un'occhiata alle notizie di Eva. La malattia invalida l'idoneità di una donna ad essere mamma? Pare proprio di si. Un magistrato, donna, nell’emettere la sentenza, ha citato il parere della psicologa forense Helen Brantley – un’altra donna - secondo cui “il decorso della malattia è ignoto e quindi più contatto i figli hanno col genitore non malato, meglio sarà per loro”. “I bambini dividono la loro esistenza tra mondo col cancro e mondo senza cancro”, ha testimoniato in aula la psicologa, “vogliono un’infanzia normale e questa non è possibile con un genitore malato”. Questo non ci piace.
Ma non ci piace neanche che le donne comandino in guerra. “Signora Clinton” chiede Lucia Annunziata, “in questa guerra molte donne ricoprono posizioni di comando (…). E’ la guerra ad aver cambiato natura o sono le donne ad aver cambiato natura?”.
Il tema è l’intervento militare in Libia. Due donne forti, risolute, dalle facce vissute, di chi ha un percorso intenso di vita alle spalle, che parlano del mondo. Un’immagine rivoluzionaria in tv. Chi (soprattutto se donna e femminista) stava guardando la scorsa domenica la trasmissione “In ½ ora” ha aspettato con una certa trepidazione la risposta. Probabilmente è restata delusa.