23 marzo 2011

Uno scatto al femminile.

Nel leggere “Il mio ritratto”, biografia della fotografa Margareth Bourke-White mi ha colpito questo suo pensiero "la fotografia non dovrebbe essere un campo di contesa fra uomini e donne"…”in quanto donna è forse più difficile ottenere la confidenza della gente e forse talvolta gioca un ruolo negativo una certa forma di gelosia; ma quando raggiungi un certo livello di professionalità non è più una questione di essere uomo o donna", è sulla base delle successive riflessioni su questo “campo” di contesa che ho deciso di raccontarvi l’esperienza di una giovane donna che ha deciso di fare della fotografia il proprio campo di battaglia lavorativo ed esistenziale.
Cristina come è nata la tua passione per la fotografia?
Forse proprio perché non c’è una data, mio padre fotografava, io adoravo guardare gli album di famiglia, ho sempre avuto una macchina fotografica in mano, ho sempre guardato il mondo dietro ad un obiettivo.

Quando hai capito che potevi trasformare questa passione in un lavoro?

Ho capito che DOVEVO trasformare la mia PASSIONE in qualcosa di remunerativo il giorno che dopo essermi piegata per 20 anni ad un lavoro amministrativo che non mi ha mai dato gratificazioni e soddisfazioni sono stata brutalmente licenziata. Ho capito che DOVEVO trasformare la mia Passione quando sul curriculum mi sono rifiutata di mettere le mie referenze accumulate in vent’anni d’ufficio. Ho capito che non mi spaventava allontanarmi da un lavoro SICURO, per spostare il confine verso il mio SOGNO.

In che modo hai compreso che vale la pena scommettere su se stessi, quando magari la società ci impone l’abbandono dei sogni per un “comodo” lavoro?

Su questo punto sono stata molto facilitata, non ho il peso di un mutuo sulle spalle, non ho delle bocche aperte da sfamare che contano sulla mia entrata mensile. Con il trattamento di fine lavoro mi sono presa tempo, ho affiancato fotografi, mi sono iscritta a corsi di fotografia, sono tuttora iscritta ad un corso di fotografia artistica e ad uno di fotoritocco. Nel frattempo ho realizzato che la fotografia non è solo quella solitaria e viscerale che mi ha aiutato come un buon analista, ma poteva essere CONDIVISA!!!! Preso atto di questo ho cominciato ad avere fiducia e quindi visibilità, le mie foto hanno cominciato a girare per il web e per concorsi, per mostre e per negozi. Tutte le mattine mi ridisegno la vita.
 
Cosa ti piace immortalare nei tuoi scatti? Cosa rappresenta per te la fotografia?
La fotografia per me è l’ordinario che mi circonda, non è mai lo straordinario come può essere una vacanza esotica o posti che non conosco. Amo usare la fotografia per rendere straordinario il mio quotidiano, per sbalordirmi delle piccole grandi cose che respiro ogni giorno. La fotografia per me rappresenta il modo di raccontarmi, di mostrare agli altri quello che vedono i miei occhi e come lo interpretano

Il servizio fotografico che ti ha segnato di più?
Ogni scatto è un'esperienza nuova, ogni giorno imparo qualcosa, se devo proprio rispondere ti dierei mi hanno segnato i primi scatti su commissione, dove non sono riuscita a fare emergere la personalità del soggetto, da questo è derivato tutto un mio studio, un approfondimento per fare in modo che tutto questo non succedesse più!!!
 
Come diceva la Bourke-White la fotografia non dovrebbe essere un campo di contesa fra uomini e donne, quindi seconde te uomini e donne che fotografano sono simili o diversi? Insomma esiste un modo di fotografare al femminile?
Che bella domanda!! sono giunta a questa conclusione: Credo che esistano foto belle e foto brutte, sia di uomini che di donne!!! Secondo me è' la SENSIBILITA' di chi guarda dentro l'obiettivo che fa la differenza, la percezione è sicuramente diversa da soggetto a soggetto, ma questo credo derivi più dal proprio bagaglio d'esperienze rispetto al proprio sesso.



La nostra intervistata Cristina Patuelli nasce con un parto cesareo un venerdì del 1966 in una ridente cittadina nella provincia di Ravenna, studia come guida turistica, pratica per qualche anno, poi si rinchiude per 20 anni in un ufficio logistico di una piccola azienda di trasporti carburanti, fino al licenziamento dettato dalla crisi. Ha sempre fotografato per passione e con passione. Ora sceglie di farlo come Lavoro. Si iscrive a tutti i corsi di fotografia della zona, acquisisce tecniche di Photoshop, Gimp, e vari progarmmi per l'elaborazione, respira fotografia, affianca fotografi durante matrimoni, si compra attrezzatura sempre più professionale, comincia a fare fotolibri, fotografa ai battesimi, alle comunioni, cerca sempre nuove situazioni da fotografare, il suo sogno è dedicarsi anima e corpo alla fotografia artistica.  

Concludo questa intervista con un GRAZIE a Cristina per averci testimoniato come, con un po' di coraggio si può trasformare una passione in una nuova opportunità lavorativa, e che non tutto il male (un licenziamento) può rappresentare la fine di una strada, anzi può diventare l'inizio di una nuova e affascinante avventura.

Smettiamo di contare?



"I do hope women are achieving at a rate that we can stop counting what number they are at things"








(Tina Fey, discorso di accettazione del Premio Mark Twain per la comicità americana)

5 notizie da non perdere: la rassegna stampa di Eva del 23 marzo


  • Flavia Perina è stata cacciata dalla direzione del Secolo d'Italia, quotidiano di destra, pagando così la sua scelta di abbandonare il PDL per seguire Fini in FLI. Indipendentemente dalle opinioni politiche e dalle simpatie personali che ciascuno di noi nutre, la Perina è vittima del rullo compressore del PDL che non risparmia nessuno che osi mettersi di traverso sulla sua strada. Le auguriamo, come donna e come giornalista, migliori fortune altrove.
  • L'Unità racconta la storia di Caterina, taxista di Firenze impegnata nel sostegno ai bambini malati di tumore e alle loro famiglie. A modo suo, con molti colori e molti sorrisi.
  • Oh oh oh ma cosa abbiamo qua? Ma allora è un vizio! Dopo la (poco) onorevole Santanchè della quale, dopo quelli alle labbra e al seno, si sospetta un ritocchino al curriculum (et honni soit qui mal y pense), ecco che la procura di Brescia indaga sui titoli di studio vantati da Monica Rizzi, assessore leghista alla Regione Lombardia. Lo racconta il Fatto Quotidiano, che per primo, lo scorso luglio, aveva portato alla luce il millantato titolo di studio della politica lombarda, che aveva dichiarato di averlo conseguito in Svizzera. Ma l'ateneo sembra non saperne nulla. Un'altra donna che decisamente non ci piace.
  • E' possibile che una donna riesca, come regista, a girare film porno in cui le donne non sono solo oggetti, ma protagoniste? Ne parla il quotidiano inglese The Guardian e il punto di vista è assolutamente interessante. Leggete... la cosa peggiore che può capitarvi è che avrete fatto un po' di manutenzione al vostro inglese. Poi diteci cosa ne pensate, magari.