25 aprile 2011

I racconti di Eva: storie di Resistenza

Una Eva di oggi : Sonia
L'Eva che scrive incontrò la politica a sedici anni, in terza superiore, grazie a una straordinaria prof. di Filosofia e a un paio di amiche inseparabili con le quali condivise i primi approcci verso il tema, le prime manifestazioni, le prime partecipazioni attive.Erano gli inizi degli anni '90, muri e certezze si erano già sgretolati, ma la scelta che ti si proponeva era ancora manichea e semplice: fascio o comunista (zecca, come si diceva da queste parti)? A quell'età, poi, le sfumature sono solo un concetto astratto, e noi non potemmo che rispondere "Rosse per sempre!".A quell'età, però, anche l'assenza di sonno è un concetto astratto e, per quanto ci sentissimo partecipi, responsabili, coinvolte nel mondo che ci circondava e che dovevamo assolutamente contribuire a migliorare, anche solo con un verso, rinunciare a una mattinata infossate sotto il piumone era ancora un sacrificio che non ci sentivamo preparate a compiere. Nemmeno il 25 aprile del 1994.

Mia madre e quella di A. avevano tuttavia una diversa opinione. Incontratesi tramite noi figlie, si erano scoperte piuttosto simili (ex sessantottine entrambe, ancora combattive e inarrestabili entrambe), avevano fatto amicizia e avevano deciso che il 25 aprile era una giornata di celebrazione e commemorazione, non di ciondolamenti casalinghi. Di conseguenza, nel 1994 tirarono giù dal letto, alle sette di mattina, me, A., sua sorella e suo padre e ci portarono tutti a visitare il museo storico della Liberazione a via Tasso. Luogo di prigionia per partigiani, resistenti e antifascisti, A. e io ci trovammo a dover correre fuori dalle minuscole celle senza finestre in preda a claustrofobia e ansia, con le lacrime agli occhi di fronte a un pane dove qualcuno aveva inciso la parola "mamma", inferocite davanti alla camicia insaguinata, a guardare orgogliose il sindaco Rutelli (erano altri tempi, ma proprio ALTRI tempi). Soprattutto ci eravamo ritrovate abbastanza insonnolite e irritabili di fronte al portone che avrebbe aperto di lì a un'ora ("Andiamo presto, sennò rischiamo di non entrare"), finché una signora non si avvicinò a chiedere qualche informazione. Era avanti con gli anni, indossava quei vestiti un po' anonimi che però in qualche modo fanno casa, aveva i capelli bianchi con la messa in piega freschissima.Rimase accanto al nostro gruppetto e sembrò piuttosto contenta di vedere delle famiglie che portavano i figli adolescenti nei luoghi storici. Poi ci raccontò la sua storia. Lei abitava proprio nel palazzo di fronte al carcere di Via Tasso e sentiva continuamente le grida degli uomini torturati lì dentro. Per questo a un certo punto si unì alla Resistenza. Ed era a via Rasella, quella mattina.

Liberata

"Delacroix amò appassionatamente la passione, ma fu freddamente determinato ad esprimere la passione stessa nel modo più chiaro possibile" questa è la definizione del poeta maledetto Baudelaire, sull'opera di Eugene Delacroix. Oggi Eva dovrebbe scrivere di un artista femminile, manon è il solito lunedi, quello che tutti conosciamo. Oggi è il lunedi dell'angelo. Oggi è il 25 aprile.
Questo primo giorno della settimana ci racconta altre storie. Per questo ho deciso di astenermi dal narrare le gesta creative di artiste donne e citare l'opera di un pittore, uomo, ma che ha rappresentato una Donna: la cui immagine è stata associata ad ogni battaglia, rivoluzione, lotta, pubblicità, da che è stata creata fino ad oggi, cosi come lo sarà in futuro.
La libertà che guida il popolo è un opera dipinta da Delacroix,  nel 1830, la donna in primo piano è la raffigurazione della libertà e dell'indipendenza. Si evoca un'aria romantica di questa libertà che avanzando sopra i corpi dei soldati morti in guerra, si fa strada nel tempo e nello spazio incitando la gente a lottare. Ma il governo francese, ritenenendo troppo incendiaria l'opera non permise che fosse esposta al pubblico, nell'anno in cui fu dipinda, dopo seguì un altra storia e il mondo rimanse incantato ad ammirarla. Il motivo per cui abbiamo preso in cosiderazione quest'opera, non di facile lettura comunque, è l'incredibile associazione, anzi unione, che c'è fra la parola libertà e la donna. Mi sono domandata: ma è davvero cosi? Forzo la mano in questo? Poi mi rendo conto, fatti alla mano, e conti in tasca, che il legame c'è: entrambe sono usurate, bistrattate, sottovalutate e vendute. Mancano nel nostro presente e si ricercano con forza, ma quando ci sono il loro ruolo è in un angolo. Non le si da il giusto valore. Non si permette loro di vivere, di agire. Come invece fa la protagonista del quadro di Delacroix.
Vi lascio con una frase del pittore riferita a quest'opera: « Ho cominciato un tema moderno, una barricata... e, se non ho vinto per la patria, almeno dipingerò per essa... »