17 aprile 2011

Il tempo di tutti deve avere un giusto valore


Mi avvio con la mia saggezza nazional popolare a contestare le affermazioni e le banalissime, abusate e sinceramente fuori tempo, amenità che leggo qui, sul tanto pubblicizzato blog del Corriere della Sera che, con i potenti mezzi messi a disposizione dalla rete continua a mettere in evidenza le riflessioni della signora Elvira Serra che di se stessa dice “Non sono sposata, non sono fidanzata, non ho figli, non ho cani, gatti o tartarughine d'acqua. Guai a chi mi chiede: "Ma come è possibile?". Ha ragione ad affermare che il tempo delle single ha lo stesso valore di quello delle mamme, ha ragione a puntualizzare che il suo “tempo di single vale come quello di una felice pluripara” Che la sua serata sul divano a leggere un libro è per lei altrettanto vitale, rinfrancante e importante di quanto non sia per una mamma coccolare il suo bebè” Nessuno le toglierà mai le sue scarpe né i suoi libri sul divano, le scelte personali non si discutono e non ci sogneremmo mai, noi pluripare felici, di disturbarla con banali discussioni di pannolini e colichette neonatali, di notti insonni e dentini che spuntano, di alzatacce mattutine e corse vorticose per gli impegni familiari che devono incastrarsi con i tempi di lavoro che impediscono la conciliazione lavoro-famiglia, 
la progressione di carriera, una scelta consapevole e desiderata della maternità. L’unico dubbio che abbiamo è che l’autrice non tenga conto del valore della maternità, di come le donne siano state condizionate in senso negativo nella società in quanto, potenzialmente o di fatto, madri. Non è probabilmente a conoscenza, o preferisce omettere che le donne, rappresentano un vero e proprio ammortizzatore del sistema con il loro doppio lavoro, con la loro condizione. La sua singletudine, per lei sinonimo di libertà, riporta la maternità ad un fatto individuale della donna e non invece a un valore che la società deve riconoscere, assumendo su di sé tutte le responsabilità che ne derivano. Non fa altro che contribuire a fornire alibi alle forze economiche e politiche interessate al mantenimento dello status quo; quelle stesse forze che (già lo dicevamo nel 1972 ma dobbiamo purtroppo ripeterlo anche oggi) proprio in questo periodo provocano una ulteriore flessione e dequalificazione della occupazione femminile, e quindi una nuova emarginazione sociale e civile della donna. Leggiamo i commenti al post e ritroviamo le posizioni canoniche “pro” e “contro”. Il dualismo che si legge e che mira a contrapporre le due anime delle donne, a nostro parere, riporta alla antica diaspora della posizione tradizionale (la vera e autentica vocazione e realizzazione della donna è la cura dei figli) e quella che faceva sostanzialmente coincidere la liberazione femminile con il rifiuto della maternità. (Un rifiuto da parte delle donne, le renderebbe automaticamente pari all'uomo).Di fatto il miglioramento delle condizioni di vita delle mamme e, per estensione, delle famiglie migliorerebbe la situazione di quanti per scelta e per convinzione decidono di non procreare. Sicuramente non può ricadere sulle spalle dei singles il peso dell’inefficienza delle strutture e del sistema fiscale italiano, ma la maternità sta diventando un lusso per le donne che sono sempre più discriminate nella carriera, espulse da un mercato del lavoro che non protegge e riconosce il ruolo sociale della maternità per le tipologie contrattuali c.d. atipiche, che ormai coprono l’80% dei contratti proposti dai datori di lavoro. Io ci metto la faccia in questo post. 

E ricordo che le mie figlie pagheranno la pensione alla signora Serra, che le donne come me hanno lottato perché nel 1971 fosse approvata una legge di tutela della maternità, di cui forse la sua mamma ha usufruito. Che la nostra Costituzione all’articolo 31 recita “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.” Se applicassimo i dettati costituzionali, forse il tempo di tutti avrebbe un giusto valore.


Chi sono: Mi chiamo Maria Ventriglia, ho 55 anni, sono nata a Capua (splendida città di Terra di Lavoro) dove ho vissuto prima di arrivare a Milano nel 2008. Qui su Eva parlo di discriminazioni e di diritti ma non disdegno cronaca e costume. Ho una famiglia bellissima, 3 figlie e una nipote in arrivo e un coniglio nano di nome Shadow. Nella mia vita ho avuto cani, gatti, tartarughine d'acqua, canarini cardellini e persino galli cedroni. La mia foto è visibile su questo blog.

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