22 aprile 2011

Sex and Wisteria Lane

La prima puntata di Sex and the city andò in onda in Italia nel 2000 su TeleMontecarlo (Sì. TeleMontecarlo. Sì. Siamo vecchi.)

L'Eva che scrive ricorda nitidamente quella sera, complice anche un cartellone pubblicitario formato stadio che campeggiò sotto casa sua per settimane: l'idea di un telefilm (allora si chiamavano ancora così) in cui si raccontava di donne sessualmente disinibite e cacciatrici era così sconvolgente per l'Italia (non solo) di allora che venne creato un apposito programma contenitore di prima serata dove la puntata era seguita da un talk show in cui le ospiti parlavano delle proprie esperienze sessuali.
E, in effetti, le scopacchiate frenetiche delle quattro amiche erano qualcosa di mai visto a queste latitudini. Il meccanismo, tuttavia, mostrò ben presto la corda, specie quando ci rendemmo conto che il titolo corretto avrebbe dovuto essere "The product placement and qualcos'altro". Forse i più giovani fra i nostri lettori non lo ricordano, ma prima di Carrie & Co. essere fashion victim non era cool. Per n-i-e-n-t-e. E ben poche si sarebbero sognate di inerpicarsi su tacchi che l'Inquisizione riteneva disumani e crudeli.

E' per questo che qui da Eva nessuno ha mai amato le quattro scombinate newyorkesi. Sex and the City è stato un lunghissimo peana alla più totale e consapevole vacuità. Ore di celebrazioni di questo o quell'altro stilista, piagnistei continui per carenza di soldi necessari all'acquisto delle nuove Chanel dopo aver speso 495$ in un paio di Blahnik, amicizia femminile incentrata sulla comune assenza di valori alti. Il tutto mentre le quattro passavano il tempo a dare la caccia a un principe azzurro a parole dichiarato accessorio, superfluo, non richiesto (in questo, viva Charlotte la sottomessa, almeno era sincera).
L'idea di partenza era di mostrare la vera vita delle donne del 21° secolo, ma l'obiettivo rimase affogato da tonnellate di Hermés e preservativi. Eppure, le 4 "besty" divennero modello di riferimento per milioni di donne sparse per il globo.
(Siccome questa Eva a volte è anche un po' bacchettona, avrebbe voglia di lanciarsi in una lunga geremiade su come questo modello abbia contribuito al certo degrado etico di una sostanziosa quota di popolazione femminile oggi adulta, ma non lo farà, perché è affezionata alle recchie che il resto della redazione le staccherebbe a schicchere se lo facesse.)
Alcuni anni dopo, gli sceneggiatori-americani-santi-subito decisero di ricreare la formula magica: un gruppo di amiche vivono la loro vita in un contesto comune e importante ai fini narrativi. Nacquero così le Desperate Housewives.
Gli sceneggiatori-americani-santi-subito, però, nel frattempo avevano affinato le armi e il risultato fu completamente diverso: con tutte le esasperazioni del caso, le casalinghe hanno un livello di profondità e verosomiglianza che stordirebbe le newyorchesi come una boccata d'etere.
Forse sono cambiati i tempi, forse siamo cambiate noi, ma oggi, a rivedere i vecchi episodi di Sex and the City si avverte un sapore polveroso, di vestiti comprati in un attimo di follia e nascosti poi nell'armadio per l'imbarazzo.
Il nostro Mr. Big non ci aspettava fuori da boutique costose; il nostro Mr. Big viene a fare la spesa con noi all'iper. 

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