6 dicembre 2011

Minimo discorso sui massimi sistemi

Ultimamente mi è capitato di leggere di alcune morti, o meglio di suicidi, assistiti o meno. Quelli che fanno notizia sono di personaggi noti, quando si tratta di Lucio Magri, si può pensare che si tratta di personaggio che ha fatto delle scelte estreme nella sua vita e così ha fatto con la sua morte.
Oppure se si legge di Mario Monicelli  si può pensare che sia comprensibile per un intellettuale come lui.
Come è comprensibile nel caso di un artista come Luciano Franceschini.
Ma quando è qualcuno "normale", qualcuno come noi a decidere di togliersi la vita? La tentazione è mettere l'etichetta di "insano" per non doversi confrontare con questo gesto, che forse di insano non ha nulla ma che certo è estremo. Più facile volare alto e discutere di artisti ed intellettuali, insomma di gente diversa, che sta fuori dal rassicurante cerchio in cui ci si trova fra simili.
E ci si rifiuta di vedere il nocciolo della faccenda, il rapporto fra il singolo e la sua volontà con la società, che circonda, accoglie, protegge il singolo ma che anche gli impone regole. E noi, i singoli, spesso dimentichiamo che siamo anche società per il singolo vicino a noi. 
Una cosa che trovo cinica ed ironica allo stesso tempo, anche se di un cinismo e di un'ironia involontari, è che nel caso di suicidi eccellenti chi li critica richiamandosi alla sacralità della vita spesso se personaggio politico agisce contro lo stato sociale, tagliando i servizi essenziali per la qualità della vita stessa, come dire che parole e gesti vanno in direzioni diverse, forse anche opposte.
Le tabelle ISTAT dicono che nel  2009 si sono suicidate quasi 3000 persone, qualcosa di più di 8 al giorno.

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