CASAL DI PRINCIPE (Caserta). “Il prete è un uomo strano. Se muore non c'è nessuno che lo sostituisce”. Il cartello è appeso alla porta della chiesa di S.Nicola di Bari. A due metri di distanza c'è il corpo senza vita di don Peppino Diana, assassinato da tre colpi di pistola sparati, in rapida successione e rara ferocia, al volto. Un delitto di camorra, commesso in chiesa, poco prima della messa. Non s'era mai visto nulla di simile nella storia della malavita campana. Nessuno ricorda di un prete assassinato in chiesa.
L'omicidio è avvenuto alle 7,25 di ieri mattina. Peppino Diana è arrivato di buon ora alla parrocchia ed è andato nello studiolo, come faceva ogni mattina. Qui ascoltava i messaggi della segreteria telefonica e poi si recava in sacrestia ad indossare i paramenti e poi dire Messa. Cosa che ha fatto anche ieri, ma appena ha imboccato lo stretto e breve corridoio che conduce nella navata centrale della chiesa si è trovato di fronte il killer che gli ha sparato a bruciapelo. Il giaccone blu scuro, i jeans, la maglia scura, i paramenti sacri, don Peppino Diana è morto senza un lamento. Nella chiesa c'erano un paio di suore carmelitane e alcune signore anziane. Sedute tutte nei banchi davanti all'altare, stavano recitando il rosario quando hanno udito gli spari. Hanno avuto appena il tempo di vedere un'ombra fuggire dal portone principale della chiesa.
Poi si sono accorti che don Peppino era stato assassinato. A sparare, dicono i carabinieri arrivati sul posto pochi minuti dopo, è stata una sola arma, una pistola calibro 7,65. Chi ha compiuto il delitto voleva nascondere la vera matrice dell'agguato, far pensare a qualcos'altro che non fosse la camorra. Ma non è servito a nulla. “E' un delitto di chiaro stampo mafioso!” dichiara senza ombra di dubbio il capo della polizia Vincenzo Parisi quando arriva davanti alla chiesa. Don Peppino era stato a deporre tre giorni fa dai giudici antimafia, aveva firmato assieme ad altri sei parroci della forania di Casal di Principe un documento di denuncia della malavita organizzata, si dava da fare per gli extracomunitari, lavorava con una comunità che si occupa di tossicodipendenti. Un delitto che ricorda quello di don Giuseppe Puglisi, assassinato a settembre dalla mafia a Palermo con un colpo alla nuca mentre tornava a casa. Anche in quel caso fu colpito un sacerdote in “prima linea” contro la criminalità. Sono analogie che non possono non colpire.
In chiesa arriva il vescovo di Aversa, monsignor Chiarinelli. Ha un attimo di mancamento quando vede il corpo del giovane immerso in un lago di sangue. Poi benedice la salma e si raccoglie in preghiera. Monsignor Chiarinelli resta accanto al cadavere di Peppino Diana fino a quando non viene sistemato nella bara e portato via dalla chiesa.
Sul sagrato una folla muta, molti con gli occhi umidi di pianto, ma anche molti curiosi, qualcuno anche interessato a far passare questo delitto come un omicidio banale, con moventi personali. Una parola qua, una là, con una tecnica consumata, si cerca di adombrare dubbi, avanzare sospetti sul movente. Presenze e parole discrete, ma ossessive, che ti fanno sentire il fiato sul collo, o orecchie che cercano di ascoltare le tue telefonate. Non è solo curiosità.
Parlano i giovani dell'associazione cattolica: “Gli avevamo preparato un regalo per il suo onomastico. Avevamo fatto una colletta e avevamo comprato i calici per la messa. Li desiderava tanto, ma non aveva i soldi per poterli comprare”.
”Era buono don Peppino - ci racconta un ragazzino di 13 anni al massimo, alto appena una spanna - ci faceva persino giocare a pallone nel cortile”. Quando la bara esce dalla chiesa, c'è un urlo, breve, disperato, angosciante. Poi torna il silenzio. Sul sagrato c'è il sindaco di Casal di Principe, amico dello scomparso, un sindaco progressita. Renato Natale non se la sente di parlare, è come se gli stesse crollando il mondo addosso. Ha ragione, in questo paese dopo questo omicidio ci si sente nel mirino e Natale (a differenza di tanti inquisiti che conservano la scorta) non è assolutamente protetto, come non è protetto alcun candidato di questo collegio.
Arriva Ferdinando Imposimato, ricorda a tutti il fatto che don Peppino era stato interrogato tre giorni fa. Su cosa? “Sui rapporti fra affari, politica, camorra”. Arriva il deputato della Rete, Giuseppe Gambale, che annuncia di aver chiesto un rafforzamento delle forze dell'ordine nella zona e, magari, anche l'impiego dell'esercito. con lui c'è Lucio Pirillo, un cattolico impegnato nella giunta Bassolino. Don Peppino Diana era noto a Napoli, per l'associazione “Alternativa Napoli” aveva tenuto una lezione sulla legalità nell'ambito della “scuola del cittadino”. Una lezione incisiva, di quelle che rimangono impresse nella mente.
A Casal di Principe lo sanno tutti che è nell'aria un blitz. Carmine Schiavone, cugino del boss Francesco Schiavone, collabora coi giudici. Ha riempito pagine e pagine di verbali, ha fatto centinaia di nomi. Gli uomini in Procura dicono che mancano e i riscontri sulle sue dichiarazioni procedono a rilento. “Ormai questo Blitz non può essere rinviato”, tuona Imposimato, ma resta il problema delle indagini da effettuare e degli uomini che mancano.
Lucio Di Pietro della Procura nazionale antimafia, assieme ai colleghi Fausto Zuccarelli e Federico Cafiero ha ascoltato nei giorni scorsi il sacerdote. Arriva in auto assieme ai colleghi, da uno sguardo al luogo del delitto, poi scappa in caserma.
Per tutta la mattina il sagrato resta spoglio, stranamente non arriva neanche un fiore. Alle una ci sono solo le forze di polizia a presidiare la chiesa. Alle cinque, però, mezzo paese si riunisce attorno a monsignor Chiarinelli, don Riboldi, monsignor Raffaele Nogaro. Antonio Bassolino, con i sindaci progressisti di Aversa, Giugliano, Marcianise, Caserta, sono al fianco di Renato Natale, che ha convocato per stamane alle 11 un consiglio comunale straordinario.
Un corteo imponente e silenzioso attraversa la città, fino alla chiesa madre in pieno centro, dove i giovani
dell'azione cattolica hanno programmato una veglia di preghiera. Sono presenti quasi tutti i candidati progressisti della zona, ci sono i sacerdoti colleghi dell'assassinato, c'E’ principalmente tanta gente di Casal di Principe. Sono dieci, venti volte di più di quelle che parteciparono alla fiaccolata anticamorra di qualche mese fa quando in poche centinaia, e fu un clamoroso successo, filarono per le strade della cittadina. Questa la volta la scritta sulla chiesa “non c’è’ nessuno che prenda il suo posto” ha torto. Sono stati in tanti a raccogliere l'eredità di don Peppino e a testimoniare la voglia di far diventare Casal di Principe, come lui sognava, una città civile.
(dal nostro inviato Vito Faenza a cui va il ringraziamento de Le stanze di Eva
marzo 1994)
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