17 giugno 2011

Dov'è la Persia?

Chi ha avuto l'onore di incrociare Persepolis quando era ancora meno che un fenomeno di nicchia sa che il primo problema che si presenta è capire come si pronunci correttamente il nome dell'autrice.
Istintivamente, l'Eva che scrive ha optato subito per Marian Satrapì e, a quanto pare, non è andata troppo lontana dalla verità. 
Autrice e protagonista è infatti Margian Satrapì, detta Margi, nata e cresciuta in Iran durante la Rivoluzione che ha deposto lo Scià e portato al potere l'integralismo peggiore, venuta in Europa giovanissima, tornata in Iran appena ventenne, scoprendo di essere straniera ovunque si trovi a vivere, esule per sempre in Francia.
Educata, accompagnata e rimproverata da due genitori estremamente liberali e illuminati, e da una nonna sanguigna, incazzosa, con il seno sempre profumato di gelsomini e integerrima moglie e madre di due uomini uccisi dalla dittatura.

Il disegno del film è poco più articolato di quello del fumetto: la mancanza quasi assoluta di chiaroscuri continua a prevalere, anche se nel film si è dato spazio a qualche vezzo in grado di richiamare l'arte araba e orientale in genere (riccioli, volute, stilizzazioni); la storia invece è stata lievemente semplificata, per renderla più agevole e forse anche più crudele nella parte riguardante la lenta perdita di sé di Margi a Vienna.

Fa uno strano effetto rendersi conto, guardando il film, che quello è lo stesso Iran governato da quel buffone di Ahmadinejiad o come cacchio si scrive, lo stesso che quando eravamo piccoli ci sembrava un posto lontanissimo, lo stesso che un tempo si chiamava Persia, ed evocava con il solo nome luoghi e atmosfere esotici, suggestivi e magici, lo stesso dove l'anno scorso Neda Agha-Soltan è rimasta uccisa mentre manifestava in difesa della libertà.

Della Persia di quando eravamo piccoli, della Persia delle fiabe o delle reminiscenze delle traduzioni di greco, non c'è nulla in Persepolis; film e fumetto sono la storia di una donna, e come tale comica e struggente, piena di decisioni da prendere, di momenti senza ritorno, di scelte di libertà per le quali c'è sempre un prezzo da pagare. 

Hanno paragonato la piccola Margi (un'adorabile e impunita teppa) a una sorta di Mafalda più triste. Io non sono d'accordo: Mafalda guarda ciò che accade, Margi lo vive; Mafalda è la voce di Quino, Marjane Satrapi è vera, come vere sono tutte le donne che hanno potuto riconoscersi e immedesimarsi nella sua storia. Come vera era anche Neda, o una qualunque delle ragazze che manifestavano vestite di verde due anni fa.
Di qui viene tutta la differenza.

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