17 giugno 2011

Rassegna stampa di un'Eva che vorrebbe veder cambiare il mondo... più in fretta.

Il matrimonio. Ci si sposa(va) innamorati e desiderosi di percorrere insieme tutta la strada possibile, nell'unione di intenti, nel desiderio di dare forma alla complicità psico fisica, alla voglia di fare "ditta" di una coppia che si ama.
Poi capita che si cambi, che il tempo maturi in modo diverso i componenti della coppia, che la vita trasformi caratteri ed abitudini sino ad arrivare all'estremo, il cambio di sesso di uno dei due. Il che non significa la fine dell'amore e degli altri requisiti che ho elencato prima, significa unicamente il riconoscimento della vera identità di uno dei due. Lo Stato però decide di no, che non è giusto e il divorzio tanto avversato da alcuni partiti (gli stessi i cui componenti lo applicano alla grande e a volte in modo seriale) viene imposto ad una coppia che si ama. Accade a Bologna.


Da Bologna all'Arabia Saudita, le donne ancor prive del diritto di voto ma in famiglia, nel lavoro e nella giustizia subiscono incredibili restrizioni e vessazioni. Come sappiamo non è permesso portare una bicicletta e tantomeno di andarci. È inoltre proibito loro di guidare autoveicoli.

La polizia religiosa fa rispettare la modestia del vestito e le donne non possono avere accesso ad alcune cariche, come quella di Ministro degli Esteri, né lavorare nel settore petrolifero. È, però, permesso loro di studiare, dalla scuola primaria fino all'università (ovviamente in istituti separati rispetto ai ragazzi).

Ma qualcosa sta cambiando, non si sa quante donne si metteranno domani al volante in ordine sparso e sappiamo che corrono il rischio costante di essere arrestate, solo oggi sei ragazze dai 21 ai 30 anni sono finite in carcere.

"Permettere a una donna di guidare significherebbe provocare un miscuglio di generi che metterebbe la donna in serio pericolo, e porterebbe al caos sociale" recita la fatwa (precetto religioso) in materia, che risale al 1991.

Ma le cose stanno cambiando.
"Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba".
(Proverbio dell'Arabia Saudita)


In Afganistan  un gruppo di giovani calciatrici rischia la vita pur di poter giocare. Carattere? Volontà di affermare la propria libertà? Certo, la libertà e soprattutto la propria identità di donne e "nonostante" questo, libere di... giocare, studiare, lavorare, esistere.

Gendericidio. Conoscevate questa parola? L'ONU ci spiega di che si tratta e questa Eva, per un attimo, si lascia prendere dallo sconforto ma poi si rialza e torna a combattere, con silenziosa tenacia.

L'Europa delle ragazze. Mi piace questa pagina che dà voce a giovani donne europee alle prese con lo studio e con i progetti per la loro vita.

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