30 giugno 2011

Licenziamo solo donne, così stanno a casa con i figli


Di italiette paternalistiche degli anni cinquanta ne abbiamo continuamente notizia. Di inviti a sposare figli di uomini ricchi altrettanto. Se siamo incinte non ci rinnovano il contratto. Servizi inesistenti, titoli di studio e creatività accantonati in una scatola di cartone. 

Una fabbrichetta di Inzago (Milano) prima mette in CIG solo le donne, ma c'è un uomo a confermare la regola. Poi, di fronte alla richiesta di avviare le procedure per i contratti di solisdarietà, arriva la grottesca dichiarazione , così come spiega il rappresentante della FIOM CGIL: "le donne pèossono stare a casa a curare i bambini e che comunque il loro è il secondo stipendio"
E' vero che la discriminazione è terreno fertile in tempi di crisi ma siamo veramente alla frutta. 
Ancora il rappresentante sindacale: "Se l'azienda dovesse insistere con i licenziamenti è chiaro che non sarebbe difficile dimostrare in sede legale il comportamento discriminatorio, am intanto i tempi si allungherebbero e molte dipendenti rimarrebbero fuori dalla fabbrica" 
Il finale? Fuori dai cancelli basta un breve consulto tra gli operai. Tutti, nessuno escluso, decidono di presidiare la fabbrica, a partire dal giorno dopo. Ma al momento di mettere in atto la protesta, arriva la spaccatura. Gli uomini decidono di entrare in azienda e di lavorare regolarmente rompendo la solidarietà con le colleghe. 

E si mettono ancora in discussione le quote rosa.

1 commento:

  1. Qualcuno potrebbe pensare: "nihil novi"... invece la novità c'è (ignorarla o sottovalutarla sarebbe un grave errore), e sta nella naturalezza brutale della pubblica dichiarazione resa da questi ominidi, certi, come i lenoni al potere in questo momento, dell'assoluta impunità, dell'assoluta immunità da ogni sanzione penale e morale, se non addirittura convinti di poter riscuotere il comune plauso per aver liberato l'Italia "profonda", il basso ventre ruttante della nazione, da una ipocrisia dannosa e inibitoria. Ma sì! Non è forse quello che pensano "tutti"? Le donne tolgono il posto ai maschi e la famiglia va in rovina perché le femmine stanno troppo fuori casa e si rifiutano di "trasmettere i valori" (patriarcali). Più semplice di così! Quanti ancora, del resto, in Italia, con la scuola quasi del tutto annichilita, riescono a far la differenza tra semplice e semplicistico, tra pregiudizio e idea?
    Pochi giorni fa, del resto, questa stessa solfa è stata ripetuta, al TG3, in forme più prudenti ma non meno offensive e gravi, dall'anziano capo di polizia che ha curato il caso dello stupro continuato e aggravato delle due bambine di Villaricca da parte di due ragazzini "dei clan": come dire che la colpa dello sfacelo sociale va ascritta non allo sdoganamento della violenza maschile, ma all'emancipazione femminile! Non possiamo dire che non ce lo aspettassimo: gli uomini difendono se stessi, la loro mancata accettazione dell'uguaglianza, la loro paura del confronto, la loro vigliacca esigenza squallida e sconcertante di abusare senza censure né reprimende di corpi docili e giuridicamente "inferiori", come accadeva un tempo, rigettando le colpe del marciume e del degrado sociale ed economico sulle donne, ovvero ammazzandole (già 71 le donne uccise dall'inizio dell'anno, divenute, per di più, oggetto di una morbosa attenzione giornalistica che pare si compiaccia di avere sempre fresche vittime!).
    Non possiamo dire che non ce lo aspettassimo, così come ci aspettavamo la recrudescenza della violenza a partire dall'approvazione della Legge 66/96, con la quale lo stupro è diventato reato contro la persona...
    Quello che non ci aspettavamo è la connivenza e il beneplacito delle Istituzioni, la pronità delle donne e degli uomini della politica, la sostanziale giustificazione ideologica patentemente fornita agli scimmioni usciti dalle caverne per ricacciarvi il paese intero! In una nazione il cui premier ogni lunedì va a rispondere in tribunale di adescamento di minorenni e favoreggiamento della prostituzione senza che nessuno ritenga opportuno o minimamente decente sollevare il problema politico e morale della sua rimozione, è chiaro che i maschilisti alzino la posta, che la discriminazione e la "vendetta" contro le donne, per le conquiste fatte e per i cambiamenti virtuosi prodotti dalla loro irruzione nel mondo del lavoro, tornino ad essere moneta corrente.
    Bisogna spezzare questo circuito avvilente di ignoranza oscurantista, che vuole imporre alle donne nuove antichi e tristi ruoli, che uccide la dignità, la cultura, la sensibilità, che declassa il lavoro, che abbrutisce e umilia il paese.
    Non basta indignarsi, ma non bisogna pensare che non serva. Serve. Serve perché "loro" si aspettano il silenzio/assenso, l'indifferenza elusiva o, appunto, il plauso. Serve perché le parole sono lame, sono pietre. Le nostre, quelle della gente civile, a quest'affronto, devono diventare accétte, devono essere macigni.

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