11 luglio 2011

Qualche perplessità sull'ora e sul quando

EVA

Premessa 1:
In questi giorni l'Eva che scrive non è del suo umore più brillante. Anzi, diciamocelo, tende un po' all'incazzucchiato. Sarà il caldo.
Premessa 2:
L'Eva che scrive non ha partecipato fisicamente alla due giorni promossa dal comitato Se Non Ora Quando a Siena durante questo weekend.
Premessa 3:
Nonostante questo blog nasca proprio a ridosso delle manifestazioni del 13 febbraio - e l'Eva che scrive ne sia uno dei membri fondatori - non ha mai condiviso né il colore né il nome scelto per il "movimento".

Sic stantibus rebus, quelli che seguono sono solo frammenti di pensieri sparsi, sorti spontaneamente quando, durante il weekend, leggeva il liveblogging offerto su Facebook dal comitato stesso. Quindi, senza alcuna pretesa di completezza o correttezza.
Per una volta, parliamo di sensazioni.

All'Eva che scrive questa due giorni non è piaciuta affatto.
Le assemblee permanenti, i convegni, i lavori di questo tipo sono estremamente autoreferenti. Ci si trova tutti in un posto a dire "siamo tanti, siamo belli, siamo bravi, siamo buoni".
Dopo le manifestazioni del 13 febbraio, il comitato è scomparso per un po', non si sapeva che fine avesse fatto, mentre noi che avevamo partecipato abbiamo cercato di mantenere accesa la fiammella ciascuna a suo modo e nella propria realtà.
Adesso tutti scoprono la potenza della Rete. E metà del liveblogging è sull'importanza di usarla bene per - cito testualmente - "fare rete". Buongiorno. Caffé e cornetto?
Si parla di tutto e di più. Importanza di questo, importanza di quello, lavoriamo sugli studi di genere, creiamo una nuova polis, dal 13 febbraio non si torna indietro, e tutte cose meravigliose che diciamo da mesi. Ma a livello pratico? L'idea di comitati sparsi sul territorio può anche andare, ma poi? Di lì che succede? 
Oggi è 10 luglio, sono passati quasi cinque mesi esatti da quella manifestazione, e questo è il massimo che riusciamo a proporre?
E come mai anche questa volta si vedono poche ragazze giovani, come mai non siamo ancora riuscite a conquistarle alla causa?

L'Eva che scrive ha notato che ultimamente in radio, in tv, sui giornali, molti stanno attenti a declinare le frasi generiche e impersonali con entrambi i generi: "I nostri telespettatori, e le nostre telespettatrici". "Al lavoro, le donne e gli uomini passano 10 ore al giorno". Etc.
Poca cosa, vero. Ma forse nemmeno tanto. Il politically correct è un'esasperazione tutta americana, ma tenuto conto di quanto siano importanti le parole - specialmente ora che qualcuno se ne appropria sistematicamente e le svuota di significato - cambiare anche le forme di linguaggio potrebbe essere un ulteriore passo avanti.
Ecco. Se avesse voce in capitolo, l'Eva che scrive proporrebbe un programma di minipunti come questo, che chiunque può contribuire a mettere in pratica. Il proposito "dobbiamo entrare nei centri di potere" è vago, generico, e suona da imposizione. Qui non si tratta di ottenere uno scopo preciso e puntuale, qui si tratta di cambiare una mentalità radicata e radicale e questo lo si può ottenere, secondo me, solo con un lavoro capillare, minuzioso, estenuante e continuativo.
Caro comitato di Se Non Ora Quando, non basta che ogni cinque mesi vi facciate vedere in giro belle, sorridenti, combattive, incazzate e sotto un sole da sentirsi male. Dovete essere presenti secondo per secondo, non coordinando, ma seguendo e stando al fianco di tutte noi donne (e uomini) comuni che quella manifestazione straordinaria ce la sentiamo ancora sotto pelle.




ADAMO

Adamo è d'accordo con Eva. E si ricorda delle piazze del 13 febbraio, piene di donne di ogni età e condizione, ma anche di uomini di altrettanto ogni età e condizione. attivi e partecipativi. Dove erano a Siena?

Adamo nella sequenza di corsi e ricorsi degli ultimi anni si ricorda di una manifestazione di donne di uno o forse due anni fa, caratterizzata anche da un forte dibattito interno alle organizzatrici, relativo alla possibilità lasciare partecipare o meno anche gli uomini . E si ricorda che ha pensato che dibattiti come quello erano il segno di un movimento destinato a perdersi. Perchè Adamo pensava allora e pensa anche oggi  che se le donne non sono tutte veline, si deve anche dire che non tutti gli uomini sono fanatici del bunga-bunga. E ci vogliono queste due componenti, insieme, per cambiare le cose.

Uno dei temi più trattati è, da sempre e purtroppo anche ora, il corpo delle donne, ma come si fa a parlare di questo se manca la parte che "usa" male il corpo delle donne? E' un contarsela da sole, mi si conceda la provocazione, è come se un amministratore delegato di una fabbrica metalmeccanica volesse fare gli accordi sindacali senza la FIOM, impensabile (qui ci vorrebbe uno smile, visto che purtroppo succede, ma questo vorrebbe essere un post anche serio per cui lo smile lo immagini chi legge).

Fare discorsi e più ancora ragionare come se la vita fosse un continuo "noi contro voi" non funziona, non funziona se le categorie che si vorrebbe rappresentare in realtà non esistono come monoblocchi. Ad esempio, come tante altre volte del resto, anche questa volta è capitato di sentire frasi come "per cambiare la politica ci vuole una donna perchè la donna è diversa", ma Adamo è certo d'avere un elenco di donne che non piacerebbero a chi ha pronunciato quella frase, come pensa che se la signora fosse stata di Milano non avrebbe avuto dubbi a votare un uomo contro una donna.

Adamo pensa che le contrapposizioni esistono, ma quelle più forti non sono uomini/donne quanto  piuttosto alcuni uomini ed alcune donne/altri uomini ed altre donne.  E pensa anche che i comitati esistono solo perchè esistono delle esigenze,  non sono guide insostituibili ma solo portatori di alcune istanze di alcune parti della società civile. E che dovrebbero cercare di avvicinare altre parti della società civile disponibili a condividere piuttosto che cercare di rimarcare differenze con chiunque non sia uguale a loro.


(scritto in collaborazione con SaraS)

3 commenti:

  1. Concordo al 100% con quanto letto. E mi pare che lo stesso "modello" si stia applicando al post-regionali post-referendum: tutti giustamente felici e rinfrancati. E poi silenzio. Cioè, per completare, mi pare che a gesti simbolici non stia seguendo nulla di pratico. Sembra ci si accontenti di gesti in sostanza retorici cui non seguono atti reali. Come se il gesto simbolico fosse l'inizio e la fine di un movimento, non so come spiegare.
    Dark Nebula

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  2. Cioè... se io dico "Ti amo", non è che poi i piatti si lavano da soli o i panni si autostirano, per dire...
    Dark Nebula

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  3. Hai spiegato benissimo Dark Nebula.
    Purtroppo, aggiungerei.

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