Datosi il fatto che questa settimana era il turno dell'altra metà di SaraS di scegliere film, ci sono toccate solo pellicole ad alto tasso testosteronico, tali da mettere seriamente in pericolo la nostra rubrichetta.
Ma noi opponiamo fiera resistenza a questo conclamato caso di predominanza maschia e recensiamo ugualmente un film "al femminile", attingendo all'infinita scorta accumulata in troppi anni di cinefilia militante.
Per cui apriamo le danze e riguardiamoci "Il Cigno Nero".
No, scherzavo.E' una prova cui non sottoporrei nemmeno il mio peggior nemico.
O magari tutto sta nel come decidi di affrontarla, perché con una minima dose di umorismo si può trasformare un'uggiosa serata d'aprile nel remake di quella in cui avete visto tutti insieme "L'aereo più pazzo del mondo" sbronzandovi con il Matheus.
Perché, guardate, non bisogna sottovalutare il portato umoristico dell'ultima (incrociamo le dita!) opera di Aronofsky, eh. Io stavo stirando quando l'ho visto per la prima volta e, quando Natalie Portman si masturba ma si accorge di colpo che sua madre si è addormentata accanto a lei, c'è mancato poco che bruciassi la maglietta, visto il riso irrefrenabile che si è scatenato.
Sì, lo so che in realtà il film è una sottile metafora psicanalitica del momento di passaggio dall'adolescenza all'età adulta, quando si rende necessario uccidere se stessi bambini e i propri genitori per poter spiegare le ali. Magari sveglissima no, ma non son nemmeno del tutto scionchia. Anche perché le didascalie luminose che lampeggiano sullo schermo con la scritta "profonda metafora intellettuale" qualche indizio in tal senso lo danno.
Per cui mi sta benissimo una certa esasperazione caratteriale dei personaggi e, tiè, mi va bene pure in qualche misura il finale, mapperò a tutto c'è un limite.
In primis, caro Aronofsky, non è che il fluo sgranato con un lieve sentore di desaturato fa sempre "Avtista pvofondo", qualche volta fa semplicemente "Ma pagarlo un po' meglio, 'sto povero direttore della fotografia no?".
In secundis, carissimo Aronofsky: al momento attuale, il connubio cinema-balletto ha prodotto un solo capolavoro, Scarpette Rosse, del 1948.
Dopodiché si annovera solo la sequenza de La danza delle Ore in Fantasia. Ma lì c'erano degli ippopotami, Darren, hai presente? Ecco. Stante tutto ciò, io un paio di domande me le farei, tipo: ma proprio di balletto vuoi parlare?
Dopodiché si annovera solo la sequenza de La danza delle Ore in Fantasia. Ma lì c'erano degli ippopotami, Darren, hai presente? Ecco. Stante tutto ciò, io un paio di domande me le farei, tipo: ma proprio di balletto vuoi parlare?
In terzis.
Natalie. Tesora bella. Parliamone. Cioè, tu sei bravissima, ti abbiamo seguito da sempre, abbiamo visto pure cose discutibili come gli episodi 1-2-3 di quelli-che-non-chiamiamo-Star-Wars-perché-Star-Wars-è-un'altra -cosa, ci sei piaciuta persino in La mia vita a Garden State, e ad Halloween volevamo vestirci da Eve.
Però, Natalie.
Tu sei bellissima, ma algida, lontana ed eterea. Non ti ci fare più coinvolgere in un film dove fai sesso lesbico e autoctono. Non ti ci si vede. Ci si imbarazza persino. E comunque non rendi, hai la sensualità della campanella di ceramica souvenir d'Albania che tengo qui davanti.
Poi. Soprattutto.
Piantala di piangere ogni volta che respiri, piantala di tenerti perennemente in faccia l'espressione di una che da diciotto ore deve camminare con un paio di Jimmy Choo strette.
Davvero. Fidati. Sul serio. Basta magari un mezzo labbruccio, un'occhiata verso il basso, noi lo capiamo uguale che stai soffrendo. Poi dici che su internet ti sfottono e fanno i montaggi con tutte le volti che piangi. Piangessi di meno, i montaggi con che li farebbero? E dai, su, ogni tanto la puoi pure fare la parte di quella cazzuta che reagisce, accende la katana e mette tutti a posto lei, no?
Oppure, che ne so, magari puoi fare una parte tranquilla, giocosa, una cosa alla Meg Ryan vecchia scuola, potresti persino azzardare una risata, eh?
(No, la risata forse no.)
In buona sostanza, Il Cigno Nero è un film fintamente intellettuale con pretese d'opera d'arte indie che ha come unico pregio quello di aver confermato una delle mille regole non scritte degli Oscar: pure il più grande attore non lo vince mai per la sua interpretazione migliore, anzi, di solito glielo danno quando è stato particolarmente ciofeca.
Voto finale: guarda, capace che una volta o l'altra nella vita me lo rivedo pure, ma non ci scommetterei i risparmi di una vita, sull'eventualità.
Brava!
RispondiEliminaFrà