16 settembre 2011

La serie di Maria - Le due prime stagioni di Weeds

Non c'è niente da fare: anche quando ormai l'astinenza sta per finire e può quasi tornare a respirare liberamente, il serial-addicted medio si aggira irritato e irritabile nei meandri della Rete, in cerca di qualche palliativo che possa, nel frattempo, tenere a bada la sua ansia da visione.
Poiché l'Eva che scrive è in tutto e per tutto una serial-addicted media (non ve n'eravate ancora accorti, dite la verità, eh?),  non è sfuggita al postulato espresso ora per la prima volta, e, in cerca di uno spuntino, è incappata in Weeds.
Andiamo a recensirlo.


All'inizio fu venduta come la versione televisiva de L'Erba di Grace, quindi come commedia spigolosa ma piuttosto intelligente.

E in parte è vero, anche Weeds lo è.

Ma se l'Eva che scrive dovesse dare proprio una definizione onnicomprensiva della serie, varerebbe un neologismo ad hoc, e la classificherebbe come "Grotamedy".

Perché, nella sua durata anomala di 25-28 minuti a episodio, Weeds coniuga le caratteristiche tipiche delle dramedy a un sottofondo grottesco e vagamente surreale che lo rendono piuttosto bizzarro (quantomeno delle prime due stagioni, ché a tanto siamo arrivati).

La storia inizia in medias res, e finora non è stato spiegato come e perché Nancy abbia scelto proprio lo spaccio come attività con cui tenere in piedi la famiglia dopo la morte del marito. E anche lo spettatore non si pone il problema più di tanto.
I personaggi di contorno, tutti abbastanza sopra le righe, sono però funzionali allo svolgimento di una storia che nella realtà durerebbe persino meno di un effettivo Dr. House che trattasse davvero in quel modo i pazienti (in una comunità così piccola lo saprebbero tutti che Nancy spaccia, non solo alcuni, per quanto tanti).

Le relazioni fra i personaggi risentono un po' della breve durata, sia degli episodi sia delle stagioni, per questo ancora non ci sono completamente entrata (la cartina al tornasole, per l'Eva che scrive, è la prima volta in cui ricorda perfettamente nomi, cognomi e interazioni dei personaggi), ma alcune caratterizzazioni sono decisamente intriganti (il cancro di Celia non ha raggiunto la profondità di quello di Lynnette, ma è stata un'interessante alternativa a certe forme di narrazione un po' stereotipate).

Personalmente, a metà della seconda stagione, la mia sensazione sia che Weeds funziona grazie all'interpretazione di Mary-Louise Parker. Nancy si muove nel proprio scombinato mondo come se fosse tutto completamente normale, non perde la calma, le preoccupazioni non la divorano, cerca un equilibrio avendo cura di pensare anche a se stessa... il tipico atteggiamento di chi vuole resistere ai dardi dell'avversa sfortuna senza soccombere e non si rende conto che, se non si ferma per un istante, se non si lascia andare, prima o poi crollerà miseramente. E per tutto il tempo tu guardi gli occhi sgranati di Nancy, i movimenti tesi e nervosi, quel sorriso sempre troppo largo, aspettandoti che cominci a tirare cose da un lato all'altro della stanza, urlando come un coyote.

Qualche crepa l'ha umanamente mostrata, ma quando i figli fanno cose assurde, il cognato le si impianta in casa, l'amica sostituisce il cioccolato della figlia con il lassativo, la rivenditrice di droga non vuole più dargliene, l'uomo che le piace è un agente della narcotici, e lei torna serena dalla palestra con un paio di calzoncini rosa, il contrasto è violentissimo ed esilarante, e non riesci a fare a meno di continuare a guardare.

Voto finale: aspettiamo almeno la quarta stagione, ma finora lo si segue.

P.S.
Lei è moooooooooooolto più magra di come sembri nella foto di apertura del post, non fatevi illusioni.

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