
Magari approfondendo la prima timida conoscenza con Dr. Who (di cui parleremo poi) o mettendoti in pari con quelle in cui sei rimasto indietro (perché, per ragioni oscure, devi perdere un sacco di tempo al lavoro ogni giorno, invece di), per esempio Once Upon a Time, che sta per andare in onda anche in Italia (col titolo, stranamente corretto, "C'era una volta").
Trama: la "cacciatrice di cauzioni" Emma Swan, dal passato turbolento e difficile, viene raggiunta una sera da Henry, il figlio che ha dato in adozione appena nato dieci anni prima.
Il ragazzino la convince a riaccompagnarlo a casa, conducendola quindi a Storybrooke, nel Maine, e raccontandole di come tutti gli abitanti della cittadina non siano altro che personaggi delle fiabe rimasti incastrati nel nostro mondo a causa dell'incantensimo della Regina cattiva, sua madre adottiva. Emma stessa è figlia di due di quei personaggi, ed è la chiave con cui potrebbero essere tutti liberati.

Scritto da due degli autori di Lost, Once Upon a Time ha la stessa struttura narrativa frammentaria, in cui i flashback sulle storie dei vari personaggi si intersecano fittamente ricostruendo pian piano il regno di Molto Lontano prima del maleficio della Regina.

Gli interpreti hanno tutti indistintamente volti molto interessanti anche se l'unico a distinguersi per bravura è, per l'appunto, il solo Carlyle, mentre gli altri rimangono a un livello intermedio.
La vera pecca sono gli effetti speciali, vagamente pezzenti (cit.), ma l'uso è sufficientemente limitato da non renderli fastidiosi.
Assolutamente intrigante è il procedere della narrazione, che senza ricorrere necessariamente a colpi di scena dell'ultimo secondo, o a cliffhanger vari, lascia sempre nello spettatore la voglia di sapere come va a finire, che poi è quello che ogni storia ben raccontata riesce a fare.
"E poi che succede?"
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