
Adoravo quella bicromia sgranata e granulosa, quegli occhi troppo truccati e troppo grandi, quella gestualità esagerata, la musica ex post invadente e rumorosa, l'iconografia complessiva di un'epoca durata relativamente poco e scomparsa senza praticamente lasciare eredi.
Quindi mi sono avvicinata a The Artist come se si fosse trattato di andare in gita ad Hogwarts: mi aspettavo di ritrovare quel sapore e quell'odore, il "cinema che non c'è più".
E per i primi venti minuti in effetti il meccanismo funziona.
Ritrovare una Hollywood che probabilmente è esistita solo nell'immaginazione degli sceneggiatori nostalgici, quei movimenti a scatti degni di una pessima stop-motion, è piacevole, divertente e ti predispone ad aspettare di sapere dove va a finire la storia.

La regia c'è, i camei anche, e la sequenza del sonoro che si fa rumore è estremamente ben riuscita, ma a fine proiezione scatta - o quantomeno è scattato all'Eva che recensisce - il commento che non lascia margine a dubbi sul livello di gradimento: "Sì, vabbe', ma che mi hai raccontato?".

Comunque, The Artist non è un brutto film.
Probabilmente siamo noi che siamo piuttosto ingenerosi.
Per cui, voto finale: dategli un'occhiata, che forse è solo colpa di questa Eva e del suo cuore di torrone.
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