
Ricevo e volentieri pubblico
"Le parole sono importanti" diceva Nanni Moretti in Palombella rossa. Lo
sono sì, perchè servono a comunicare, servono a fare capire. Ma servono
anche a non comunicare, servono anche a non fare capire. Dipende da
come vengono usate. E dipende anche da chi le usa. Un esempio? L'azienda per cui lavoro ha deciso di fare pesanti tagli e ci sono alcune centinaia di persone convinte di perdere il posto
entro la fine dell'anno, se gli si chiede come descriverebbero la loro
situazione probabilmente userebbero terrmini come "prossimi licenziati",
forse qualcuno "licenziando" o "quasi cassa-integrato". L'azienda no,
non usa questi termini, l'azienda parla di "esuberi", parla di
"ricollocazioni", di "accompagnamenti" fino ad usare la definizione di "posizioni in
trasformazione".
Non ho dubbi che queste parole siano state scelte
volutamente, sono spersonalizzanti, un esubero non può avere una
famiglia, chi viene accompagnato non ha dirigenti ma ha amici ed una posizione in
trasformazione non ha figli. Queste sono parole usate per nascondere,
per non fare capire che si parla di posti di lavoro che si perdono e
prima ancora si parla di persone. Usare le parole corrette sarebbe un modo
per rispettarle, anche se le parole possono essere dure.
Ma essere
coinvolti in un passaggio di questo tipo fa anche cambiare il linguaggio
che si usa. È normale dire "la mia azienda", solo quando arrivi a
rischiare il posto ti accorgi che è una definizione sbagliata, due volte
sbagliata. Il primo errore è che non è la mia azienda, è l'azienda
per cui lavoro, distinzione forse sottile ma in realtà fondamentale da
tenere bene a mente. Il secondo errore, legato e conseguente al primo, è
un senso di appartenenza che troppo spesso va in un'unica direzione,
dal dipendente all'azienda, fino ad arrivare quasi all'identificazione. Che suona davvero strano quando traspare dalle parole dei precari dei call center.
Se i tempi che stiamo vivendo richiedono di cambiare le modalità ed il concetto stesso di lavoro, anche questo deve cambiare, che tutte le parti coinvolte imparino ad usare con coscienza le parole giuste.
Se i tempi che stiamo vivendo richiedono di cambiare le modalità ed il concetto stesso di lavoro, anche questo deve cambiare, che tutte le parti coinvolte imparino ad usare con coscienza le parole giuste.
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