13 maggio 2011

CSI m.d. Lost In Wisteria Lane - parte seconda

...continua da qui.

TITOLI DI TESTA.
La testa di un manichino che morde una mela mettendo in bella mostra l’apparecchio azzurro per i denti arriva dal fondo dello schermo nero vorticando con un lievissimo ralenty, sulle note di una canzone a caso degli Who.

Grazie al canale preferenziale che la polizia è stata costretta ad aprire per non intasare le linee convenzionali con le numerose e frequentissime chiamate provenienti da Wisteria Lane (e alla cui gestione sono solitamente piazzati i novellini o gli outsider antipatici ai capi), in poco meno di mezz’ora Edie è stata già trasportata all’ospedale più vicino e ricoverata nell’unica stanza disponibile – in realtà l’unica stanza tout-court, non se ne sono mai viste altre – e la sua villetta è stata isolata dal nastro giallo della scientifica, accorsa sul posto perché il Turno di Notte accorre su qualunque caso, anche quando è pieno giorno e la scientifica non c’entrerebbe un piffero. 
Le amiche circondano Bree nel vano tentativo di consolarla, ma nulla può fermare i composti singhiozzi della donna: - Quel… Quell… sigh!... quell’orribile orso… sniff!... stava sporcando tutto il pavimento! 
- Sendo t, chci fanoso biadqst pti? – chiede (ma doppiato l’effetto si perde, mentre in lingua originale il giovane mascelluto dà il meglio del suo favoloso accento texano) il bell’agente della scientifica al politicamente corretto collega di colore. 
- Non lo so, amico, davvero non lo so. Non si sono mai visti, orsi bianchi, da queste parti. 
Preceduto da Billy, il suo scarafagetto da compagnia, e con il viso atteggiato alla più totale assenza di espressioni umane,

12 maggio 2011

Rassegna scettica e polemica del 12 maggio

Ebbene sì: nonostante Giacobbo, Bendandi, i catastrofisti e quelli che hanno evidentemente troppi giorni di ferie avanzati, nessun terremoto ha devastato la Capitale ieri.
E la cosa non ci sorprende affatto. L'Eva che scrive ha un'opinione molto precisa su certe "trasmissioni", certi "giornalisti", certe "notizie", ma è una signora e non può ripeterle ad alta voce. Si limita ad esprimere l'augurio che di notte gli spettri di Enzo Biagi e Indro Montanelli vadano a tirar loro i piedi.
Oltre, naturalmente, ad augurarsi che il terremoto che, invece, c'è stato veramente in Spagna non risulti ancora più drammatico di quanto non sembri dalle prime notizie.

Per rimanere in tema di giornalismo imbarazzante, giovedì scorso è andata in onda una puntata di Matrix dedicata alle teorie del complotto sulla morte di Osama bin Laden (c'è una teoria del complotto per ogni cosa, oramai). Ospite in studio, fra gli altri, Giampaolo Pansa che, nel disquisire della già storica foto nella Situation Room, ha indicato la donna minuta alle spalle di tutti dicendo "Ecco, quella ragazza, che è evidentemente un'impiegata".
"Quella ragazza" si chiama Audrey Tomason ed è il capo dell'anti-terrorismo americano. Ma è donna, è piccolina, non sembra

11 maggio 2011

Deputato significa non dire mai mi spiace?


Allora, qualcuno ha notizie della legge contro l'omofobia, di cui ogni tanto si parla?
Noi abbiamo fatto qualche modesta indagine.
Tanto per cominciare, ecco il testo uscito dalla Commissione della Giustizia della Camera:

PROPOSTA DI LEGGE (CONCIA)

Art. 1.
1. All'articolo 61 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente numero:

«11-quater) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi».

Art. 2.
1. Entro il mese di febbraio, a decorrere dall'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per le pari opportunità presenta al Parlamento una relazione sulle azioni intraprese contro le discriminazioni operate per motivi di omofobia e transfobia, sugli obiettivi raggiunti, nonché sugli indirizzi da seguire.

Per i non esperti di diritto, ci permettiamo di dare una spiegazione: l'articolo 61 del codice penale è quello che elenca le circostanze aggravanti di un reato, ovvero quei fatti o quelle ragioni ricorrendo i quali la pena viene aumentata.
Come fanno correttamente notare gli uffici della Camera,

La rassegna stampa di Eva del 11 maggio: le notizie da non perdere

Neanche due settimane fa il figlio coronava il suo sogno d'amore, tutti si sono domandati: se lei fosse stata viva avrebbe dato la sua benedizioni alle regali nozze? Le risposte sono ipotesi. Cosi come continuano a esserlo quelle inerenti la sua morte. Perchè ancora si parla della scomparsa di Lady Diana? La risposta è semplice: c'è gente che spera di guadagnarci.  Di tirar somme dalla morte altrui. Di sciacallare, passatemi il termine dopo che a Cannes è stato presentato un documentario sulla sua vita/morte. Ma quanto verà posto il "the end" sul film che è stato la sua vita? 
Se in Italia si discute di rimbalzo da un blog ad un altro, da un sito verso associazioni di vario genere,  sul testamento biologico in canada un blogger ha risolto il suo dilemma.

Non so se è concorrenza o cosa, ma mentre praticavo internet surfing sono giunta a questa notizia e la domanda è nata spontanea: ma che ce famo con un nuovo stadio? E soprattutto lo pagherà lui? Non credo. 

Avanti Tutta, ma cosa? La Eva che rassegna ricorda la trasmissione di Arbore Indietro Tutta, e pensa: magari indietreggiassero tutti fino alle dimissioni, invece tocca ringraziare il cielo di:
a) non avere figli in età scolare
b) di non essere più lei in età scolare.
Però non può fare a meno che essere dalla parte di chi viene "provato" dai test Invalsi.

Ormai noi italiani siamo passati dall'essere il Bel Paese al paese Agrodolce, e nessuna notizia anzi il confronto di cosi diverse notizie possono illuminarci su questo cambio di definizione. Da una parte abbiamo questa notizia e annienta, si perde di fronte al disgusto che si prova leggendo che il tifo si trasforma in barbarie.
Qui siamo indietreggiati di parecchio, noi che conquistammo le popolazioni germaniche, definendole barbare, da queste siamo riprese  e la cosa non ci procura la minima riflessione: ma noi di Eva, sorpattutto la Eva che rassegna triste e sconfortata ci chiediamo: ma chi è al timone di questo traghetto chiamato Italia? 
Caronte? 

Era l'87, il muro di Berlino ancora in piedi. Maradona trascina il Napoli al primo scudetto della sua storia, gli U2 scrivono l'album the Joshua Tree, gli italiani Damilano nella marcia e  Panetta nei 3.000 siepi conquistano l'oro nei mondiali di atletica leggera a Roma. Inizia l'era di Alberto Tomba nello sci, Margareth Thatcher rivince le elezioni in Gran Bretagna. È l'anno dei Cobas, con scioperi a raffica soprattutto nelle ferrovie, e soprattutto dei referendum sul nucleare: dopo Chernobyl, è inevitabile una valanga di voti sulla chiusura di qualsiasi attività in materia da parte italiana. In America prendono il via Beatiful e the Simpons.

 
E Arbore dirigeva questa trasmissione.

Qualcuno mi dica cosa è cambiato da allora.



10 maggio 2011

Ferite dal silenzio - Parte Seconda

Zakiya è andata a caccia di lucertole con Efia. Hanno corso tutta la mattina tra gli alberi e non ne hanno presa nemmeno una. Sfinite, tornano a casa; ma hanno ancora la forza di ricorrersi tra loro.
  Milumbe, un’anziana del villaggio, le ferma.
- Efia, Zakia! Dove siete state?
- A caccia di lucertole.
- Ancora con questi giochi da ragazzine? Non lo sapete che tra poco sarete delle al-‘arusa?
- ...
- Le vostre madri si stanno mettendo d’accordo proprio adesso. Forse farete la cerimonia nello stesso giorno. Siete contente?
  Le due ragazze si guardano. No, non sono contente; hanno paura. Ma farla insieme è sempre meglio che da sole.
- Andate adesso. Vi stanno cercando.
  Zakiya e Efia trotterellano verso il centro del villaggio. Le loro madri stanno ancora discutendo, sedute nella polvere una davanti all’altra. Per non disturbare si mettono sedute all’ombra di un albero poco distante.
- Zakiya
- Eh
- Hai paura della cerimonia?
- Sì, e tu?
- Anche io. Cosa ci faranno?
- Mia sorella mi ha raccontato qualcosa. Ha detto che ti fanno una grande ferita tra le gambe ed esce tanto sangue. Poi ti toccano con un ferro bollente e quella è la cosa che fa più male. Alla fine ti ricuciono.
- Io non la voglio fare. Non mi importa se nessuno mi vorrà sposare.
- Mia madre ha detto che tutte le donne del villaggio lo hanno fatto. Anche noi lo dobbiamo fare, è la regola.
- Almeno staremo insieme, almeno questo.
- Sì, e poi ci faranno dei doni bellissimi se saremo coraggiose.
- Mia madre ha detto che non bisogna parlare durante la cerimonia. Dovremo rimanere mute come pesci se non vogliamo disonorare le nostre famiglie.
  Una lucertola passa tra le gambe di Efia. Lei se ne accorge e abbassa la mano per prenderla, ma la lucertola è più veloce. Le due ragazze corrono dietro alla lucertola sollevando piccole nuvole di polvere. Nel frattempo le loro madri si accordano sui preparativi per la cerimonia dell’infibulazione.
  
Anne-Sophie torna a casa dal lavoro, stremata. E’ piovuto tutto il giorno. Ogni tanto sembra che a Parigi ci sia la stagione dei monsoni. Ha i vestiti completamente zuppi. Si spoglia, si mette qualcosa di asciutto e si prepara un tè.
  Mette la teiera sul fornello e attiva la segreteria telefonica. Dodici messaggi.
“Come stai Cherie? Sono ancora io. Possiamo vederci stasera? Non ce la faccio a stare senza di te. Ti prego, torna da me, stavamo così bene. Perché non hai voluto più? Io non ce la faccio. Devi tornare, altrimenti divento pazzo!”
  Sempre la solita storia. Non è possibile; dodici messaggi di Damien. Forse è il caso di cambiare numero di telefono. Ne sente ancora qualcuno mentre aspetta che l’acqua bolla.
“Mon Amour, perché mi fa questo? Io sto male davvero! Ti penso sempre. Sempre! Non mi puoi lasciare così, perché io non ti lascio andare. Chiamami quando torni. Impazzisco così, e non so di cosa sono capace. Chiamami. E’ meglio anche per te.”
  Quell’ultimo messaggio non è come gli altri. E’ più “cattivo”. C’è qualcosa in quel “E’ meglio anche per te” che le mette paura. Non è da Damien. Ma il pensiero le passa subito; l’acqua bolle.
  La mattina del giorno seguente Anne-Sophie si è completamente dimenticata dello strano messaggio di Damien. Si veste per andare a lavoro, prende un caffè di corsa e scende le scale. Nemmeno una lettera. Finalmente! Damien ha gettato la spugna.
  Arriva alla macchina e rimane pietrificata. Tutte e quattro le gomme sono a terra e sulla vernice blu della carrozzeria c’è incisa una scritta:
J’AI BESOIN DE TOI
Ho bisogno di te. La situazione è più grave di quanto pensasse. Sa bene chi è stato, e capisce il preoccupante significato di quel messaggio in segreteria. Deve andare a lavoro con l’autobus. Le sembra così irreale. Ma perché va al lavoro? E’ in pericolo deve andare via, denunciare quel pazzo. Ma non le sembra la cosa adatta, farebbe la figura della paranoica. Non può andare dalla polizia a dire che il suo ex le ha bucato le gomme. La polizia avrà ben altro a cui pensare.

 Che caldo anche oggi; quasi stordisce se si rimane al sole. Laleh deve fare appello a tutta la sua forza di volontà per andare a comprare il pane. Le strade sono affollate nel piccolo centro, c’è fila nel forno.
  Finalmente il suo turno. Kaveh la saluta; c’è lui a servire oggi. Il padre sta male, o almeno così le ha detto Amir. Prende quello che le serve, paga ed esce. Non ha voglia di fermasi a chiacchierare; con tutta quella gente e quel caldo. Si soffoca.
  Non ha la forza di fare a spintoni per le strade del centro, e mancano ancora molte ore prima che Amir torni a casa. Decide di tornare passando per la parte esterna del paese.
  Sembrava una buona idea all’inizio. Le strade sono deserte ed emanano un calore incredibile. Cammina a fatica tra le case di pietra bollente che stritolano i vicoli. E’ quasi fuori del paese, tanto si è allontanata dal centro. Forse si è persa.
  Sente dei passi alle sue spalle. Continua a camminare e tenta di affrettarsi. I passi si avvicinano. Si volta ma non vede nessuno. Potrebbero venire da uno qualunque di quei vicoli, non c’è motivo di aver paura.
  I passi però sembrano venirle dietro, non diminuiscono di intensità; cercano lei! Ormai è un po’ che la strada non fa curve, se si volta vedrà chi la segue. Allo stesso tempo però mostrerà di essere spaventata. Ma sicuramente non c’è nessun motivo di esserlo. Si volta con tutta la naturalezza di cui è capace con quel caldo e con quel velo insopportabile. Feroz!
  Si volta di scatto. Non era pronta a vederlo. Non si ferma, non lo saluta. Lui la segue ancora e non la chiama, nemmeno lui la saluta. Non sa che fare, la situazione è troppo strana. Le gira la testa con quel caldo. Ormai sono usciti dal paese, non c’è un’anima a parte loro due. Esce dalla strada, cammina sulla terra secca e sassosa, è sempre più faticoso. Lui le viene sempre dietro. Il caldo è troppo, troppo. La testa le fa male. Il paese è lontano. Il terreno le viene addosso. E’ buio.
- Laleh! Sveglia Laleh, parlami!
  Laleh rinviene. E’ seduta a terra, la schiena appoggiata a un muretto di pietre. Feroz la chiama; le sta davanti. Le ha tolto il velo e le ha aperto la veste per farla respirare.
- Ma che hai fatto! Dammi il velo!
- Ah meno male, non ti svegliavi più.
- Perché mi hai tolto il velo? Tuo padre non ti ha insegnato l’educazione?
- Eri svenuta e avevi bisogno d’aria.
- Ah... beh ... grazie allora.
- E poi sono passati tanti anni da quando mio padre mi diceva come comportarmi.
  C’è tanta malizia nella sua voce. La fissa con quegli occhi, come se volesse qualcosa da lei. Qualcosa che non si può chiedere, qualcosa a cui non si può acconsentire.
  Si avvicina a Laleh. Si avvicina sempre più, non si ferma. Laleh non oppone resistenza. E’ come un morbido fuoco; un bacio lungo e tanto lungamente atteso.
  Non riescono a fermarsi. Si stringono in una morsa che non riescono a sciogliere. Non devono, non adesso, non lì, dove chiunque potrebbe vederli.
  Ma sono fortunati. Non c’è nessuno; il paese è lontano e non verranno denunciati. Giacciono all’ombra del muretto, sfiniti.
- Cosa abbiamo fatto! E se ci hanno visti?
- Nessuno ci ha visti, siamo soli.
- Tu sei un uomo, anzi, sei solo un ragazzo. E’ più facile per te. Ma sai cosa mi potrebbe succedere, sai cosa mi faranno?
- Non permetterò che ti facciano nulla.
- ...
- Devo vederti ancora. Non posso stare senza te.
- Tu vuoi vedermi morta.
- Come puoi dire una cosa simile. Io ho bisogno di te. Domani!
- No, ti prego. Non sai quello che dici.
- Domani sera verrò da te. Anzi vediamoci qui.
- No... Domani... E’ troppo rischioso... Tra una settimana, vieni da me tra una settimana, tre ore prima che tramonti il sole.




...continua