4 ottobre 2011

Gli dei della Carneficina


Essere politicamente, socialmente, moralmente impegnati rende difficile parecchie cose: per esempio, continuare a comprare senza rimorsi i romanzi di Fred Vargas, o andare a vedere un film di Roman Polanski.

L'Eva che scrive è dovuta scendere a qualche compromesso con se stessa (e la Vargas appartiene alla categoria), ma con Polanski ha dovuto fare uno sforzo sovrumano, perché proprio non le va giù, tutta la storia dello stupro, del perdono, dell'alzata di scudi da parte dei colleghi... Continua a stonarle, che ci possiamo fare?


Però il cast era straordinario, la trama intrigante, c'era persino un intero cinema a Roma che lo dava in lingua originale, il suo passato da cinefila praticante la guardava con disapprovazione dallo stanzino in cui è rinchiuso... insomma, dai, alla fine siamo andati a vedere Carnage.

E ringrazio gli dei del cinema.
Carnage è un capolavoro assoluto, perfetto nelle misure, recitato in maniera superlativa, girato senza che la teatralità originaria sia d'impaccio (c'è chi non ama i film a impianto teatrale, mah), con alcune delle battute più belle sentite negli ultimi anni.

Un po' fastidiosa la scena del vomito, ma a una Kate Winslet così particolarmente in stato di grazia (altro che Mildred Pierce, pfui) si perdona qualsiasi cosa. E funziona meravigliosamente l'alchimia con Christoph Waltz (non che con quella faccia possa fare personaggi troppo diversi, ma finché dura noi siamo tutti molto felici).

Un pochino (ma si parla di grandezze quantistiche) penalizzata dal personaggio è Jodie Foster, che deve recitare un rigo sopra per rendere l'isterismo represso di Penelope, ma giusto che potrebbe prendere la candidatura come miglior non protagonista invece che protagonista.

Ottimo anche John C. Reilly, che con Waltz scambia alcuni dei gesti più naturali e verosimili del film, contribuendo in maniera significativa alla sensazione di immersione da parte dello spettatore.

L'analisi psicologica, già presente nel testo originario, è sardonica e cinica: colpisce in particolare quando ciascun personaggio prova dolore fisico nel veder danneggiato un proprio oggetto e si cura invece poco della ragione per cui sono tutti riuniti lì. La visione è forse troppo pessimistica, nemmeno le buone intenzioni si salvano, e Penelope è il personaggio in assoluto più fastidioso, e allo stesso tempo quello che saremmo più propensi ad appoggiare e condividere.

Il tutto per una durata di 79 minuti.

Voto finale: da vedere. E possibilmente in inglese. Ed evitando al contempo il trailer italiano, che anticipa tutto l'anticipabile.

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